Credevamo che gli italiani tradottisi in Grecia per le vacanze fossero gli stronzi dell’estate. Stavamo impegnandoci a recapitare loro salaci reprimenda, naturalmente in tweet o commento a foto da Corfù; a sacramentare contro la tv, vedendoli sbarcare a Brindisi sul Tg1; a dire al bar che avrebbero dovuto starsene a casa, al mare loro, Mare Nostrum, che è il più bello del mondo, ché son decenni che si prova a far capire a questi fessi che altro che Cuba, Mikonos e Tenerife, noi abbiamo Pizzomunno, Peschici, Polignano a Mare, e se non si riesce a fare a meno di salire su un traghetto, ci sono Ortigia, Mondello, la Riserva dello Zingaro, la Costa Smeralda e tutta la Sardegna, che è pure covid free. Ma purtroppo fortunae rota volvitur e la terra sarda da incontaminata che era, in una manciata di giri di Rolex e sbarchi, s’è ritrovata focolaio. E così ci si è spalancata davanti la ghiotta opportunità d’insultare gli italiani tradottisi in Sardegna, quelli che odiamo più di tutti da sempre, perché hanno la barca e sono nati con la camicia di lino e hanno figli diplomati in barca a vela. Quelli che insultiamo tutti gli anni, nelle cene di fine estate che iniziano col karaoke e finiscono a mazzate, come in “Ferie d’agosto”, quando Ennio Fantastichini pronuncia l’epico “io i partiti l’ho votati tutti”.
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