Roma, i monopattini elettrici, non se li merita
Un giro nel centro della Capitale tra sampietrini, buche e traffico
Venticinque centesimi al minuto non sono poi molti. Soprattutto se ti permettono di girare il centro in tranquillità, senza l’ansia di trovare parcheggio. Che spesso te lo devi inventare il parcheggio qui. E allora decidi di provare l’ultima trovata ecosostenibile e di fregartene dei detrattori. “Oggi voglio proprio vedere la mia città da un monopattino elettrico”, ti dici.
L’itinerario ce l’hai: da via dei Fori Imperiali a Largo Argentina poco più di un chilometro e mezzo. Arrivi a Piazza del Colosseo, lì scarichi una delle tante app che mettono a disposizione il servizio di micromobilità, abiliti il metodo di pagamento che preferisci. Tutto perfetto, se non fosse che il monitor del veicolo è rotto. “Vandali”, pensi. E ti torna alla mente un monopattino lanciato “a bomba” da Villa Borghese lungo il Muro Torto a giugno. Altro che “contro l’ingiustizia”.
Non ti arrendi e ne trovi un altro, uno che funziona. Parti. A Piazza Venezia, nel traffico – che a Roma è un’istituzione un po’ come la cacio e pepe – un camion per poco non ti mette sotto, un automobilista ti fa il dito medio e in un attimo pensi: “Ma quel marciapiede è sempre stato divelto?”. Che poi, anche se fosse, sul marciapiede i monopattini elettrici non possono mica passare. Sulla strada sì.
Incassato il dito medio, in un attimo ti rendi conto di non essere solo. Che a combattere quella battaglia, proprio lì, a Piazza Venezia, ci sono altri come te. Li vedi sfrecciare tra le imprecazioni dei camionisti. Senza casco. A gruppi di tre o quattro, o in coppia. Gli insulti non li fermano. A farlo ci pensa proprio lei. D’altronde, Roma, la sua “grande bellezza”, te la fa scontare tutta così, sampietrino dopo sampietrino, buca dopo buca, una suonata di clacson dopo l’altra. Il suo manto stradale non perdona. E se ne frega di Greta Thunberg.
Gli abitanti lo sanno da tempo. Restano i turisti a scorgere il fascino della città eterna anche dietro un cantiere fermo da anni, quello di una Dolce Vita che fu. Ma alla prima storta, se ne dimenticano anche loro. Con buona pace di Via Veneto, Fellini e Anita Ekberg. La quale, con ogni probabilità, avrebbe preferito un bagno nella Fontana di Trevi a gennaio piuttosto che un giro per il centro su due ruote.
Arrivi stremato a destinazione, il Teatro è un’oasi nel deserto. Rallenti, stando attento a non essere falciata da qualche automobilista. Che vaglielo a spiegare che non sei un ciclista e non può avercela con te a priori. Corsa conclusa. Solo il tempo di un pensiero: “Roma, i monopattini elettrici, non se li merita”.
generazione ansiosa