Santoro, Luttazzi e l'effetto tetro del “come eravamo” che non funziona più
Non credono di dover chiedere scusa. Va bene, è un loro diritto. Rinfocolano, gridano che non è finita, è evidente che “nun ce vonno sta’”. Va bene anche questo, chi vive in una tetra prigione non ha animus per gustarsi un’ora di aria. Ma rivangare per favore no: questo almeno risparmiatecelo.
L’altra sera Michele Santoro ha chiuso la puntata di “Servizio pubblico” con dieci minuti del monologo di Daniele Luttazzi del 25 marzo 2010 al PalaDozza di Bologna, quando fu ospite di “Rai per una notte”. Il comico era scomparso dagli schermi Rai otto anni prima, non per via del famoso editto bulgaro, ma perché grossier, coprofago, e non faceva grandi ascolti. Lo prese La7, che successivamente lo cacciò perché grossier, coprofago, non faceva grandi ascolti e per di più rompeva il cazzo al mio ex direttore. Santoro dunque cinque anni fa lo rimette in scena. “Rai per una notte” andò in onda su qualche Tv nazionale, su molte locali e tantissimi siti web: aggirò in questo modo la decisione dell’orrendo cda berlusconiano dell’orrenda rai berlusconizzata di sospendere i talk politici, il suo “Anno Zero”, “Ballarò” e “Porta e Porta”, per tutta la durata della campagna elettorale per le regionali del 2010. Voleva essere anche una scossa tellurica nel sistema televisivo, globalmente fece 13 per cento di share, se ci fu scossa venne prontamente assorbita. Ma si vedevano allo specchio e si piacevano assai al Paladozza, erano tanti, puri, forti di morali precetti e spesse letture, marciavano uniti e uniti colpivano, sul palco c’erano la Federazione nazionale della stampa e il sindacato dei giornalisti della Rai e Lerner e Morgan e Venditti e Benigni e Cornacchione e Grillo, il fior da fiore insomma. Sugli spalti una folla sempre più eccitata dalla caccia all’uomo nero.
Un contesto da nostalgia, come rivedere l’amore impossibile del liceo. Quanto al testo luttazziano, a beneficio di chi l’avesse dimenticato, più o meno si articolava così. L’Italia ha fiducia in Berlusconi al 60 per cento malgrado sia reazionario, classista, tagli salari e investimenti, distrugga scuola sanità e ambiente, faccia leggi ad personam, affidi l’emergenza a una cricca, metta la mordacchia a giustizia, libera informazione e satira, conduca guerre criminali, introduca il razzismo di stato, ritorni al nucleare, sia un affarista senza scrupoli che mette la macchina dello stato al servizio delle sue aziende come nemmeno il fascismo osò fare? Come mai? Perché il sesso anale ha tre fasi, la prima è quando il “silos di carne” fa pressione sul buco di culo inizialmente reticente, la seconda quando si apre a corona di cipolla e comincia ad accettare la sottomissione, la terza il sì del godimento: ecco con B l’Italia sarebbe in questa terza fase. Forse il medesimo B notoriamente appassionato del lato omonimo, avrà apprezzato all’epoca la metafora, ma oggi su chiunque fa l’effetto di un peplum girato nel frusinate, di un western andaluso: è fuori tempo massimo, si vede che è roba per poveracci, che i soldi sono finiti e che anche i cultori del genere non faranno la fila al botteghino. Ammetto che Luttazzi sarebbe piaciuto molto alle “copines” di trenta anni fa che appena sentivano pipi, caca, baiser e cul si piegavano in due, erano de gauche ma reagivano come collegiali di buona famiglia. Ma oggi la quenelle di Dieudonné le ha vaccinate.
[**Video_box_2**]Riavvolgere il film della vita collettiva è raramente un’operazione efficace, ci sono fatti che è molto meglio lasciare sepolti nella memoria di ciascuno. E’ l’effetto “Come eravamo” che colpisce chiunque ha avuto modo di vedere il film in epoche diverse della vita. La prima, quasi ti strazi per la storia di amore tra lo snob borghese Robert Redford e Barbara Streisand, pervicace comunista pacifista. La seconda, pensi che lei sia una lagna e che abbia ragione il pragmatico Hubbel. La terza, che siano entrambi due stronzi e allora spegni il televisore.