Quegli ipocriti perbenisti dell'Lgbt
Roma. Nulla hanno mai detto sugli omosessuali palestinesi, tutti fuggiti in Israele per non finire spellati vivi sotto il regime di Arafat e Abu Mazen, per non parlare di Hamas. Non soltanto il mondo Lgbt si è voltato dall’altra parte, ma ha pure accettato, senza soprassalto di dignità, accecato com’è, che il Gay Pride di Madrid boicottasse gli omosessuali israeliani. Nulla, ma proprio nulla, l’Lgbt ha detto negli anni Novanta mentre in Algeria i fondamentalisti islamici annunciavano come avrebbero risolto la questione gay: “Nella lotta contro il male abbiamo il dovere di eliminare gli omosessuali e le donne depravate”. Nulla o quasi ha detto contro Mahmoud Ahmadinejad, il presidente iraniano che qualche anno fa, oltre alle camere a gas, negò l’esistenza di gay nella Repubblica islamica?
Va da sé che adesso i capi Lgbt stiano in silenzio, mentre lo Stato islamico getta dai palazzi di Siria e Iraq i reprobi omosessuali, bendati, uno dopo l’altro, per un “peccato” da mondare con la morte, e le pietre della folla. Non uno striscione, non un appello, non una campagna che provenga dal mondo della militanza gay. Due giorni fa, il più noto editorialista australiano, Andrew Bolt, si è chiesto perché non c’erano barche contro l’Is alla fiera di Sydney dell’orgoglio gay friendly. Non una barca su centocinquanta. Opinionisti gay spesso accusano gli “islamofobi” di voler dividere mondo islamico e omosessuali. Come ha fatto Chris Stedman su Salon: “Stop trying to split gays and Muslims”.
In questi giorni invece si sono tutti scatenati – a cominciare da Elton John, e poi via via altre celebrities – contro Dolce e Gabbana, il due fondatori della casa di moda italiana, rei di credere alla famiglia tradizionale e che i figli non si fabbricano in provetta. “Filthy”, lercio, osceno, schifoso, è l’aggettivo più usato su twitter contro i due stilisti italiani da parte della comunità gay nel mondo, che adesso annuncia il boicottaggio. La rappresaglia economica ha già funzionato contro Barilla e Mozilla, i cui capi erano stati accusati di “omofobia” e poi costretti a umilianti scuse pubbliche. E la rappresaglia funzionerebbe se volessero davvero attirare l’attenzione del mondo su quei regimi arabo-islamici dove gli omosessuali sono davvero discriminati, altro che in occidente. Eppure ipocrisia e silenzio annebbiano l’Lgbt. Mai una volta che denuncino i versetti della Sunna, che assieme al Corano compone la legge islamica, e in cui degli omosessuali si dice: “Quando un uomo cavalca un altro uomo, il trono di Dio trema. Uccidete l’uomo che lo fa e quello che se lo fa fare”.
[**Video_box_2**]Qualche giorno fa il settimanale inglese Spectator ha sintetizzato l’indulgenza Lgbt: “Perché la battaglia per i diritti gay si ferma ai confini dell’islam”. Non è che il diritto alla vita di un gay è meno importante del diritto di Elton John ad avere un bambino? Non è che sputare contro Dolce e Gabbana renda perfino, in termini di probità morale, mentre denunciare i fanatici islamici può costare la testa e allora è meglio glissare? Perbenisti.