Sul “fascismo” di Elton John
Equivoco grottesco: se dico che i bambini dovrebbero essere fatti nell’amore da uomo e donna, e non essere sintetici o prodotti in uteri in affitto, o usati come farmaci, allora ho dannato dalla culla Charlie, Giuseppe, Jean, Vladimir, Chen, Georg, Jorge, David e i loro padri o le loro madri gay. Ma chi l’ha detto? Ma quando mai? Il cantante Elton John se l’è presa con lo stilista Domenico Dolce, che a Panorama ha affidato la sua opinione favorevole alla famiglia tradizionale, diciamo così, e ha lanciato, ché il musicista e l’uomo e il glamour gay non sono il colmo dell’originale, il boicottaggio: #BoycottDolce&Gabbana (finendo col darsi di fascisti).
Roba da pazzi. Dire un problema con parole umane e decenti non dovrebbe essere proibito dalla circostanza che ciascuno considera la soluzione di quel problema a modo suo, e la conseguenza, comunque la si pensi, è un bambino o una bambina. Fare osservazioni, obiettare, protestare contro un assetto legislativo permissivo di ciò che si considera ingiusto per l’educazione dell’umanità, scusate la ridondanza romantica e idealista, o per la legge naturale, o per la legge di Dio, tutto questo non può andare fuorilegge, o essere ascritto alla cattiveria personale, perché qualcuno fa diversamente ed esibisce amore, carità, innocenza, temperamento e spiriti solidali vari, oltre che un pargolo.
E’ la mistica o l’antropologia del “vissuto”, grande coglionatura contemporanea. Certe cose bisogna viverle, se si voglia anche pensarle, giudicarle. Chi sono io per giudicare se non ho figli o li ho fatti nel matrimonio o nell’adulterio, ma esercitando l’antica arte amatoria tra uomo e donna? Vergognarmi, devo. Sono un fascista, se pretendo di sovrapporre idee a esperienze vitali, dogmi o concetti giuridici a trasgressioni perfettamente legittimate da maggioranze ciudadane. Una sola cosa non è negoziabile, per tipi come Elton John e il suo compagno: la loro vita, le loro scelte, la loro soggettività, il loro comportamento. E invece è il contrario. Certe cose forse sono indiscutibili sul piano razionale, ma tutte le esperienze sono negoziabili, emendabili, trasfigurabili.
[**Video_box_2**]La vita o il vissuto non sono metri di misura. Ti sei conformato a un’idea tecnoscientifica della procreazione? Sei passato sopra la scelta di comportamento sensibile e discutibile consistente nell’affittare un utero? Hai prodotto un bambino in provetta? Lo educhi in una coppia unisessuale? E lui sorride al mondo, gattona come tutti i bambini, e magari suonerà il piano come Horowitz o comporrà musica come Stravinsky? Forse si farà sacerdote e diventerà Papa. E che c’entra? Non è mica lui in questione. E forse nemmeno tu, che condividi con tutti noi l’identica responsabilità sociale verso la forma del mondo per come evolve. E’ in questione qualcosa di più importante del tuo vissuto, del tuo desiderio, perfino del tuo amore o sentimento della cosa. E’ in questione la nozione di vita e di legge e di cultura e natura che si elabora, si racconta, si celebra e si trasmette attraverso le generazioni. Mica poco. Lasciateci liberi di dire e pensare, per cortesia.