Il premier francese Manuel Valls (foto LaPresse)

La gauche s'è persa il popolo, consigli letterari per rimediare in fretta

Nicoletta Tiliacos
Il premier francese Manuel Valls si sta distinguendo, in questi giorni, nella difficile arte di saper presentare una disfatta – quella al primo turno delle elezioni dipartimentali – come una mezza vittoria. “Enfumage démocratique”, “produzione di fumo democratica”, la definisce il sito Causeur, ed è piuttosto difficile dargli torto.

Roma. Il premier francese Manuel Valls si sta distinguendo, in questi giorni, nella difficile arte di saper presentare una disfatta – quella al primo turno delle elezioni dipartimentali – come una mezza vittoria. “Enfumage démocratique”, “produzione di fumo democratica”, la definisce il sito Causeur, ed è piuttosto difficile dargli torto. I fatti dicono però che la sinistra sarà assente in cinquecento ballottaggi (un quarto del totale), mentre quella che viene indicata come una battuta d’arresto del Front national (non è il primo partito, come si temeva) non cambia la natura della sconfitta socialista. L’editorialista del Figaro Alexandre Devecchio si è divertito, ieri, a spiegare al premier francese quali buone letture lo avrebbero potuto aiutare a limitare i danni. Primo tra tutti, l’evidente disaffezione delle classi popolari rispetto al suo partito, a vantaggio di quello guidato da Marine Le Pen. “La sinistra si è persa il popolo”, infierisce Devecchio, e due libri usciti da poco in Francia potrebbero risultare utili a capire come mai.

 

Il primo si intitola “Le mépris du peuple (il disprezzo del popolo). Comment l’oligarchie a pris la société en otage” (Les Liens qui Libèrent) e ne è autore Jack Dion, condirettore del mensile Marianne. Marine Le Pen dovrebbe spedire  mazzi di fiori ai suoi acerrimi avversari Bernard-Henri Lévy, Harlem Désir e Jean-Christophe Cambadélis, scrive Dion, ovvero i padrini di Sos racisme che si sono rivelati “utili idioti”, capaci di ottenere, a coronamento di tre decenni di demonizzazione dell’avversario, la sua vittoria: “Una gran quantità di salariati umili, dimenticati, declassati, umiliati, abbandonati, hanno finito per dirsi che, se la casta politico-mediatica – all’unanimità – batte sul Fn, questo non può essere marcio come loro”. Un altro degli errori dei socialisti secondo Dion è stato, una volta arrivati al governo, aver dimenticato le critiche alla lobby bancaria ed essersi trasformati in “accaniti partigiani della non riforma bancaria”. Infine, conclude il condirettore di Marianne, invece di “costruire l’Europa dei popoli sognata da Fernand Braudel, si è costruita un’Europa contro i popoli, instaurando il potere congiunto di oligarchi ed eurocrati”. Chiunque si sia dimostrato critico, in questi anni, si è trovato tacciato di “populismo”, il più infamante degli insulti politici. Peccato che nel frattempo cresceva la frattura tra élite e popolo, il cui maggior beneficiario è tuttora il Front national, battuta o non battuta d’arresto. Il marxista Dion non fa menzione, nel suo pamphlet, né della questione dei rapporti con la componente islamica del paese, né dello scontro lacerante sul “mariage pour tous”, che pure hanno pesato sul bilancio negativo della gestione Hollande. Della componente squisitamente culturale della disfatta socialista si occupa invece l’altro libro consigliato a Valls da Devecchio, “L’insécurité culturelle” (Fayard), di Laurent Bouvet. L’autore, sociologo e politologo, nega che sia la sola dimensione economica di crisi a poter spiegare l’ascesa del Fn. Esiste, ben più profondo, un problema di identità, di “chi siamo noi”. Non c’è solo la paura di veder messo in discussione un tenore di vita minacciato dalla globalizzazione ma anche “l’angoscia identitaria nel vedere sparire la propria eredità culturale”.

 

[**Video_box_2**]Per Bouvet, l’insicurezza culturale si manifesta soprattutto “nei timori espressi nei sondaggi d’opinione da quelli che troppo superficialmente vengono definiti ‘piccoli bianchi’, perché essi rifiutano l’immigrazione in nome della loro sopravvivenza economica o l’islam in nome della volontà di preservare il loro modo di vita”. Per Bouvet, l’orientamento della sinistra verso una politica individualista e multiculturalista è un errore politico  (le sconfitte lo dimostrano) e anche “morale”: “La sinistra si allontana  dalla sua ambizione originale di emancipazione sociale e collettiva e apre la porta ai comunitarismi, sullo sfondo dello scontro di civiltà”. Un pessimo affare, da qualsiasi parte lo si consideri.

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