“Occidente, apri gli occhi, gli studenti di Garissa sono i nostri figli”
Roma. “Innanzi al massacro degli studenti dell’University College a Garissa, un massacro che ha colpito per l’ennesima volta sia un luogo del sapere sia la componente cristiana, intellettuali, università, professori e uomini di cultura non possono più tacere. E’ giunto il momento di riaffermare non solo il diritto allo studio, all’istruzione per ogni essere umano, ma anche la sacralità della vita di ogni giovane che vuole costruire un futuro per sé, per la propria nazione e per il mondo intero”. Comincia così, il manifesto-appello che un gruppo di docenti universitari italiani sta diffondendo in queste ore. Promosso dalla storica dell’islam Valentina Colombo e dal giurista Alberto Gambino (entrambi dell’Università Europea di Roma), tra le prime adesioni conta quelle di Mauro Orlandi (Cattolica), Oreste Pollicino (Bocconi), Paolo Gaggero (Milano Bicocca), Elena D’Alessandro (Torino), Francesca Russo (Napoli, UniSob), Salvatore Prisco (Napoli, Federico II), Gina Gioia (Tuscia), Marina D’Orsogna (Teramo), Sergio Lubello (Salerno) e Mauro Ronco (Padova).
L’appello (il cui testo completo si trova sulla pagina Facebook “Professori universitari” e anche sul sito del Foglio, mentre le adesioni vanno comunicate a [email protected]) nasce, spiegano i promotori, anche per rispondere alle sollecitazioni del ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, che dopo la strage di Garissa ha chiamato direttamente in causa il mondo delle università e ha sollecitato scambi tra le nostre e quelle dei luoghi a rischio. Ma è innegabile che la dimensione nobilissima e indispensabile dello scambio culturale, nelle attuali condizioni di pericolo mortale vissute in paesi come il Kenya dalle comunità cristiane, richiedono che si trovino modi assai concreti di garantire quel “diritto universale all’educazione e all’istruzione, unico strumento in grado di emancipare i popoli dalle povertà e dall’ignoranza” a cui fa riferimento l’appello.
Rimane da capire come: presidiando e proteggendo le scuole dove studiano ragazzi cristiani con forze di polizia internazionale? Lo chiediamo a Valentina Colombo: “E’ sotto gli occhi di tutti il fatto che nel mondo islamico (a sua volta vittima del terrorismo islamico, va sempre ricordato) i luoghi del sapere, della cultura e della memoria – come il museo tunisino del Bardo, teatro dell’altra recente strage – sono obiettivi sensibili: la loro ‘colpa’ è di ricollegare la realtà locale a tradizioni e a un passato che non sono islamici. L’islamismo terrorista ha quindi bisogno di cancellare la memoria e la presenza cristiana nei luoghi dove i cristiani ci sono sempre stati: cancellare la memoria, cancellare i cristiani, cancellare i cristiani dalla memoria. Certi luoghi, allora, vanno protetti capillarmente da istituzioni internazionali che dovrebbero affiancare le istituzioni locali. Lo abbiamo visto in Tunisia: come è stato possibile non comprendere che andava protetto un museo frequentato da occidentali?”. Dobbiamo arrivare a una consapevolezza del pericolo, aggiunge Valentina Colombo, sempre più simile, purtroppo, a quella vissuta in Israele, “dove ogni luogo e ogni possibile obiettivo sono protetti. In Kenya, in Mali, in Nigeria, dove la presenza cristiana ha un valore altamente simbolico e negativo per l’estremismo islamico, andrebbe messa in campo la solidarietà internazionale affinché ragazzi che scommettono sul loro futuro e vogliono studiare non perdano la vita. In occidente diamo per scontato che i nostri figli vadano a scuola e che la scuola sia un luogo protetto. In altre parti del mondo, sempre più vaste, essere cristiani e voler studiare può costarti la vita”.
[**Video_box_2**]Nel manifesto-appello si sollecita una presa di coscienza dell’attacco che si sta portando al “diritto fondamentale alla conoscenza” che appartiene agli “studenti di ogni razza, etnia, religione e sesso”, mentre “l’occidente, con le sue radici illuministiche, sinora è rimasto silente anziché urlare la solidarietà nei confronti delle minoranze religiose e sociali, cristiani, donne che sono stati uccisi a Garissa solo perché considerati inferiori e lontani; tuttavia i giovani di Garissa sono i nostri studenti, sono i nostri figli e il nostro futuro. Il presente manifesto vuole essere un segno di solidarietà nei confronti di tutti quei giovani che hanno perso la vita perché stavano cercando di costruire un futuro migliore, vuole ribadire con forza che chiunque uccida i luoghi del sapere e chi li frequenta è un nemico dell’umanità”.