Abbiamo visto i trailer dei film di Garrone, Moretti e Sorrentino. E abbiamo già capito tutto

Mariarosa Mancuso
I magnifici tre, i tre moschettieri, il tris d’assi, i tre tenori del cinema italico: qualunque cosa con il tre – eccetto “le tre civette sul comò” – è tornata utile per celebrare l’occupazione paramilitare al Festival di Cannes. Gareggiano. Per una volta i critici italiani non si sono infuriati con i francesi sciovinisti.

I magnifici tre, i tre moschettieri, il tris d’assi, i tre tenori del cinema italico: qualunque cosa con il tre – eccetto “le tre civette sul comò” – è tornata utile per celebrare l’occupazione paramilitare al Festival di Cannes. Gareggiano – in rigoroso ordine alfabetico – Matteo Garrone, Nanni Moretti, Paolo Sorrentino. Per una volta i critici italiani non si sono infuriati con i francesi sciovinisti (e neppure lamentato la presenza sulla Croisette dei “soliti noti”, indipendentemente dalla riuscita del film).

 

Di Nanni Moretti e di “Mia madre” si racconta nella prima pagina dell’inserto del Foglio di sabato. E’ l’unico film che abbiamo già visto, dall’altro ieri nelle sale perché il regolamento di Cannes lo consente. Di “Youth – La giovinezza”, primo film dopo Oscar di Paolo Sorrentino, abbiamo sbirciato solo il trailer. Come del “Racconto dei racconti”, il film di Matteo Garrone imparentato con “Lo cunto de li cunti”: 50 fiabe scritte in napoletano seicentesco da Giambattista Basile. Per pari opportunità, qui terremo conto solo dei trailer: come i risvolti di copertina, sono un’ottima approssimazione a quel che il regista pensa del proprio film. Qual è il tema, quali sono le frasi che diventeranno celebri, quali sono le immagini meglio riuscite.

 

Di solito i risvolti di copertina promettono “una commedia colta ed esilarante” (sono i primi titoli che scartiamo, la commedia è un genere basso). In alternativa “un affresco” di qualcosa (sono i successivi che scartiamo), o una discesa verso qualcos’altro (altri libri che ammuffiranno in cantina). I magnifici tre registi fanno una dichiarazione congiunta, attribuendosi “uno sguardo personale sulla realtà e sul cinema”, e proponendosi come apripista – parola nostra, la loro è “stimolo” – “per altri registi italiani che cercano strade meno ovvie e convenzionali”.

 

Wow, e chissà che goduria, allora, i tre magnifici trailer. Pia illusione. “Mia madre” di Nanni Moretti apre sugli occhi di Margherita Buy (abbiamo già detto intensa? no, lo diciamo ora, è il prezzo da pagare quando la si nomina). Poi una mano sfiora vecchi libri, e lo spettatore che la sera legge Kant ha un brividino d’intesa. Poi vediamo una regista che gira un film, e allora parte il lamento: ma gli anni Settanta non erano finiti da un pezzo? E con loro non era finito il cinema nel cinema, lo straniamento, i tubi innocenti per scenografia, i tormenti dell’artista?

 

 

Neanche più dell’artista da giovane, oltretutto. Con Paolo Sorrentino ci spostiamo a Davos, con un direttore d’orchestra che non riesce più a dirigere. Nel trailer, un attore che somiglia a Toni Servillo, ma in realtà è Michael Caine: film da vecchietto ne ha fatti molti, conciato così non l’abbiamo visto mai. Meno male che una fanciulla occhieggia nuda dalle acque termali.

 

 

Disperati, ci buttiamo sul trailer di Matteo Garrone. Mangiafuoco, castelli, draghi, perfino un quasi nano, cuori tolti dal petto, “ogni nuova vita richiede la perdita di una vita”. A non sapere che si tratta di “Il racconto dei racconti”, sembra il trailer del “Trono di spade”.

 

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