L'occidente paralizzato di fronte alla pulizia etnica islamista
Roma. “Da parte delle élite dirigenti e dell’opinione pubblica, l’assuefazione all’orrore per il massacro di cristiani sta prendendo il sopravvento”. Il sorboniano Georges Bensoussan è fra i massimi intellettuali francesi viventi, orientalista di fama e direttore del Mémorial de la Shoah di Parigi. “Ciò che stupisce in queste tragedie che continuano a ripetersi è che ci si stupisce del silenzio dei potenti”, spiega Bensoussan al Foglio. “Non sorprende l’opinione pubblica, che è sempre commossa, ma coloro che possono agire, le potenze politiche, economiche e militari. Non c’è nulla di nuovo dalla tragedia degli Herero del 1904 fino al Ruanda del 1994, passando per gli Armeni del 1915, gli ebrei del 1942 e i Cambogiani del 1975. L’unico passo avanti compiuto in un secolo, ed è importante, è stata la creazione di un tribunale penale internazionale”. E proprio questa Corte, alcuni giorni fa, ha liquidato come irrealistica la costruzione di un caso legale contro lo Stato islamico.
Secondo Bensoussan, l’esodo di massa dei cristiani ricorda quello dei loro fratelli ebrei dai paesi arabo-islamici dopo il 1948, anno della creazione di Israele. “E’ un identico processo di ‘purificazione etnica’ fatto allora in nome dell’arabismo e oggi in nome dell’islam. Un processo che inizia molto prima con il genocidio degli Armeni e coi massacri pre-genocidiari del 1897”. E’ impressionante vedere come, salvo la condanna del Papa e di poche voci isolate, lo sterminio dei cristiani, la loro offerta in olocausto all’islam politico, non smuova le élite. “Si finisce con l’abituarsi ai peggiori spettacoli di orrore, nessuna illusione a questo proposito. La compassione non dura che un momento, e non sostituisce l’analisi politica che è la sola a farci capire che quando la campana suona a morto per lo straniero, in realtà suona per noi, come scriveva il poeta inglese John Donne nel XVII secolo”. Anche perché l’occidente, soprattutto l’Europa, “fatica a considerare il pericolo islamista che ha di fronte. E ne ha tanto più paura – si vedano le contorsioni semantiche al solo nominarlo – dal momento che il pericolo è dentro le sue stesse mura. Ma anche perché, in un mondo confortevole ed edonista come è questo ricco occidente, si fa sempre più fatica a concepire una guerra. Una guerra che è oramai arrivata, che la si accetti o che la si rifiuti, ma che non dipende più da noi”.
[**Video_box_2**]Il medio oriente viene giù, da Tripoli a Damasco, ma resiste Israele oasi per tutte le minoranze massacrate dagli islamisti: i Bahai fuggiti agli ayatollah iraniani, i drusi, gli yazidi e i cristiani. “Ciò che la tragedia che sta avvenendo potrebbe insegnare è che Israele è una democrazia, uno stato rifugio anche, e non solo, per gli ebrei”, conclude Bensoussan. “In questa regione abbandonata a una ferocia demente, lo stato maledetto e vilipeso dalla doxa si rivela essere il solo stato di diritto, cioè umanitario, che accoglie e cura. Non certo tutte le miserie del mondo, ché nessuno potrebbe. Ma una parte sì. Come i bambini palestinesi di Gaza, malati di cuore, operati nell’ospedale ebraico Hadassa di Gerusalemme. Ciò che Israele mostra in questa tormenta è lo sfasamento tra la maledizione universale della quale è oggetto e la realtà”.