Tutto su mia sorella
E’ impossibile fare pace con il dolore, accettare che sia sensato, passare dentro una tempesta e uscirne senza niente di rotto, ma se uno scrittore trova le parole il dolore ha respiro, vita perfino, risate. E’ la storia di Elf, la sorella bellissima, geniale, molto presto ribelle alle regole della comunità canadese mennonita in cui è nata, pianista famosa, spiritosa, capace di scherzare anche in ospedale con i tubi infilati nel naso, eppure così desiderosa di morire da implorare tutti quelli che la amano di lasciarla andare. Ma è soprattutto la storia della sua famiglia, e della sua squinternata, appassionata sorella, che ogni volta vola da Toronto per tenerle la mano e provare a farla ridere. “I miei piccoli dispiaceri” della scrittrice canadese Miriam Toews (pubblicato da Marcos Y Marcos) è stato definito dal New York Times irresistibile, segnalato in America fra i libri più belli dell’anno: è un libro sul suicidio, senza esserlo mai.
E’ un romanzo autobiografico, nasce dalla vera storia della famiglia di Miriam Toews, ex bambina mennonita insofferente ai divieti e affamata di vita (“le autorità avevano appreso da un informatore locale che Elf aveva espresso il desiderio sconsiderato di abbandonare la comunità e sospettavano furiosamente di qualsiasi tipo di studi superiori – specie per le ragazze. Per questi uomini, una ragazza con un libro in mano era il nemico pubblico numero uno”), e piena di ammirazione per quella sorella prodigio che aveva scacciato la congrega di anziani mennoniti suonando il Preludio in Sol Minore Opus 23 di Rachmaninov (“la colonna sonora della sua rivoluzione segreta”). Elf ha capelli neri e occhi così verdi che sembra le dicano vai vai vai!, ma non vuole andare in nessun posto, non vuole andare in tournée, non vuole fare male a nessuno ma uccide tutti ogni giorno, perché sente di avere dentro un pianoforte di vetro e ha il terrore che si rompa. Sente troppo forte il tormento dell’essere viva. “Dimmi dei tuoi amanti segreti”, le chiede la sorella in ospedale, e finisce per raccontarle dei suoi (“uno dei due in realtà è innamorato di te e viene a letto con me solo di riflesso”), le porta panini con l’insalata, va a caccia di ricordi d’infanzia, fa il gesto con le dita di sparare alle infermiere severe, le racconta del tatuaggio, dell’avvocato arrapante, del messaggio ricevuto dall’ex marito: “Ho bisogno di te - Ti senti bene?, gli rispondo. Scusa, scrive lui di nuovo, ho premuto invia troppo presto. Ho bisogno di te per firmare le carte del divorzio”. Non è una storia senza lacrime, ma è una storia in cui i singhiozzi trovano un sollievo, una via d’uscita, come i segreti indicibili (“Sapevi che non avevo le palle per portarti a Zurigo, vero?”). Si può lottare duramente, con passione e per amore, e con lo stesso amore, allora, si riesce a riconoscere la sconfitta.