Ovazione del Pen per i sopravvissuti di Charlie Hebdo. Gala blindato
Roma. Due membri sopravvissuti di Charlie Hebdo sono saliti sul palco del Pen Club per una standing ovation letteraria nella notte di martedì, chiudendo un dibattito di dieci giorni su libertà di espressione, “blasfemia” e “islamofobia”, e iniziato con il boicottaggio di duecento scrittori del Pen. Accettando il premio, il direttore Gérard Biard ha rivendicato il diritto illimitato di deridere tutte le religioni, le idee e i sistemi di credenze. Biard, che ha ritirato il premio con il critico cinematografico della rivista, Jean-Baptiste Thoret, ha detto: “Capisco perfettamente che alcuni fedeli possano restare scioccati da vignette che ritraggono Maometto, Gesù, Mosé o il Papa. Ma scioccarsi fa parte del dibattito democratico, essere uccisi no. Grazie”.
Il gala a 1.250 dollari a coperto, che si è tenuto presso il Museo Americano di storia naturale a Manhattan, è la principale raccolta di fondi annuale per il Pen. Dopo che sei scrittori di spicco, tra cui Peter Carey, Michael Ondaatje e Francine Prose, avevano protestato contro quella che hanno definito come una rivista “razzista e islamofobica”, si erano fatti avanti altri sei scrittori per sostituirli, tra cui il fumettista Art Spiegelman, e gli scrittori Azar Nafisi e Neil Gaiman. Andrew Solomon, il presidente del Pen, ha detto che “la difesa di persone assassinate per il loro esercizio della libertà di espressione è il cuore del Pen. Poche persone sono disposte a mettersi in pericolo per garantire la libertà di tutti, per dire cosa pensano. Chi lavora oggi a Charlie Hebdo ha insistito e il premio riflette il loro rifiuto alla limitazione della libertà d’espressione tramite la violenza”.
Fuori dal museo, due dozzine di poliziotti armati presidiavano i marciapiedi, una scena rara per la società letteraria newyorchese. Salman Rushdie, che aveva criticato su Twitter i boicottatori “fighette” del premio, ha detto che la vicenda è stata “dannosa” ma istruttiva. “Negli ultimi dieci giorni, il mondo anglofono ha dato abbastanza informazioni per capire che Charlie Hebdo è l’esatto opposto di una pubblicazione razzista. Siamo qui per sostenere la causa della libertà d’espressione. I premi assegnati dal Pen Club non sono degli Oscar, si sa, sono un modo per gettare luce sugli abusi”.
Il romanziere francese-congolese Alain Mabanckou ha reso omaggio alla rivista francese e ha detto che “non ci sono tabù quando si tratta di esercitare la libertà di parola”. Dominique Sopo, presidente del gruppo francese Sos Racisme, è volato da Parigi senza preavviso per presenziare alla premiazione. “E’ molto importante che non uccidiamo coloro che sono morti per la seconda volta sollevando una polemica come questa”, ha detto. “Ricordatevi che Charlie Hebdo è sinonimo di anti odio”. La serata si è conclusa con un premio al giornalista azero Khadija Ismayilova. Ma prima di annunciare quel secondo riconoscimento, il direttore esecutivo del Pen, Suzanne Nossel, rivolta agli scrittori che si sono ritirati dal gala, ha preso in mano la copertina reduce di Charlie Hebdo (“Tout est pardonné”), e ha detto: “Andiamo avanti insieme in difesa della libertà di espressione”. Forse una pia illusione.