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La grande attesa per l'Anna Frank di Ari Folman
Erano appena circolate su internet le prime immagini di Anna Frank, nel film che Ari Folman sta preparando da un paio d’anni. Tecnica mista, si direbbe in pittura: disegni animati classici (ma con tutti i progressi tecnici del caso: computer che allevia la fatica, attori in carne e ossa su cui si interviene graficamente, come in “Walzer con Bashir”) e animazione tridimensionale in stop motion (senza offesa: pupazzetti o bamboline). Per questo, oltre a lavorare con David Polonsky, come nel suo primo e secondo film (“The Congress”, liberamente ispirato a “Il congresso di futurologia”, romanzo di Stanislaw Lem), ha arruolato Andy Gent, collaboratore di Tim Burton per “Frankenweenie” e di Wes Anderson per “Fantastic Mr Fox”.
I fan aspettavano Ari Folman al Future Film Festival di Bologna l’altro ieri, con spezzoni un po’ più adatti a soddisfare l’appetito. Tappa saltata, un problema di famiglia ha costretto il regista a rientrare in Israele, lasciandoci con la curiosità. Restano le indiscrezioni (che fa subito pettegolezzo) o i “leaks” (e subito il tono della chiacchiera si alza).
Oltre ad Anna Frank ci sarà Kitty: è più facile confidarsi se al diario si dà il nome di un’amica. Sembra che la storia continui oltre la fine del diario, mossa audace che finora avevano tentato solo i romanzieri (a differenza di Ari Folman, non lavoravano in accordo con l’Anne Frank House Museum). Philip Roth alias Nathan Zuckerman, in “Lo scrittore fantasma”, sospetta che Amy Bellette, incontrata in casa del suo idolo E. I. Lonoff, sia Anna Frank sopravvissuta allo sterminio nazista e fuggita negli Stati Uniti.
Nel racconto dal titolo carveriano “Di cosa parliamo quando parliamo di Anne Frank”, Nathan Englander inventa il gioco del Gentile Giusto, detto anche “Chi mi nasconderà?”: “Quale dei nostri amici ci nasconderebbe, nel caso di un Olocausto americano?”. Esiste anche la versione per gli amici israeliani in visita: “Se ci fosse un’altra Shoah, se succedesse di nuovo, se fossimo a Gerusalemme nel 1941 e l’avesse vinta il Gran Muftí, cosa farebbe il tuo amico Jebediah?”. Shalom Auslander, in “Prove per un incendio”, si rifugia in una cittadina secondo lui “dimenticata dalla storia”, rassicurante e pacifica: in soffitta, trova una vecchietta scorbutica che dice di essere Anna Frank.
Archiviato Folman, la diciassettesima edizione del Future Film Festival (dal 5 al 10 maggio, come sempre dedicato alle nuove tecnologie che arricchiscono gli schermi) ha in programma un altro ghiotto appuntamento. Per chi non ne può più dei cuochi in tv e per chi non regge il “pianeta da nutrire” che fa da slogan per l’Expo (più che occuparsi del pianeta tutto, i padiglioni solleticano il fighettismo culinario), una serie di film sul tema “Eat the Future”. Pochissimo rassicuranti, come “Stuff - Il gelato che uccide” di Larry Cohen, anno 1985. Gustoso, gratuito e abbondante, ottunde il cervelli: come “L’invasione degli ultracorpi”, con il consumismo al posto del comunismo.