Perché bisogna difendere la tv scarico
I programmi di Barbara D'Urso e Paolo Del Debbio non piacciono a critici, ma al pubblico sì. È raro trovare un programma di successo che possiamo citare in società senza affrettarci ad aggiungere con imbarazzo: “Ho girato per caso”. Il caso italiano e la differenza con l'America di Oprah Winfrey
Partiamo da una premessa imbarazzante: la televisione che ci piace non è quasi mai culturalmente spendibile. È raro trovare un programma di successo che possiamo citare in società senza affrettarci ad aggiungere con imbarazzo: “Ho girato per caso”. Le cose che ci piacciono spesso ci fanno male, e le cose che ci fanno male spesso ci piacciono. Oltre a questa ammissione di masochismo televisivo c’è un’altra importante premessa da fare: siamo irriconoscenti verso chi svolge un servizio di pulizia.
Difendere il popolare non è sempre facile, a meno che non lo si faccia con De Filippi, ormai superospite di Fazio. Occorre difendere l’indifendibile, come scriveva Walter Block in un bel libro libertario, passando in rassegna categorie insopportabili come il palazzinaro o lo spacciatore. Dobbiamo aggiornare quella lista di categorie aggiungendo gli spazzini televisivi, quelli che lavorano nella tv di scarico, genere di successo che non batte la falsa moneta del buon gusto e della cultura e non cerca celebrazioni, ma solo intrattenimento e fatturato. I netturbini o gli stagnari si chiamano Paolo Del Debbio (Quinta Colonna, Dalla vostra parte) e Barbara D’Urso (Domenica Live, Pomeriggio Cinque). Due pesi massimi.
Secondo Maurizio Costanzo Del Debbio è un “Funari che ha letto molti libri”, secondo Aldo Grasso è il Santoro di destra, uno che “fa di tutto per pestare i tasti della demagogia, del populismo, della piazza berciante”, gli altri critici lo definiscono neopopulista, poliziotto di quartiere, fazioso, così via. Del Debbio risponde al critico del Corriere: “Non è che quando una cosa è popolare allora gli fa schifo proprio perché è popolare ossia piace a tanta gente? Dopotutto, diciamocela tutta, per valutare un programma contano anche i numeri, i risultati d'ascolto e il gradimento del pubblico”.
E i numeri ci sono. Quinta Colonna è il secondo talk più visto dopo Ballarò e totalizza una media di 1.200.000 spettatori a puntata. Alcuni titoli dei servizi: “Aggredita e malmenata dagli islamici- Daniela Santanché”. “Allarme prefetti. arrivano altri sbarchi”. “Esclusivo - Basta tasse: non faccio più scontrini”. “Nord contro sud: chi evade di più?”. “Meno governo, più tasse… per tutti!”. “Salvini nei campi rom: aggredito”. Argomenti su cui tutti gli italiani credono di avere un’opinione intelligente, polarizzando le opinioni e colpendo basso, sempre più basso.
Bastano pochi minuti per capire perché piace. Nell’intervista d’apertura alla scorsa puntata c’era Alessandro di Battista, per gli amici Dibba, che da piccolo voleva fare tante cose (ha tentato anche un provino ad Amici) ma è finito a fare il parlamentare. C’è il momento in cui presenta la candidatura al M5s: “Sono un reporter e uno scrittore”, e il montaggio musicale attacca con: “Sono un pirata ed un signore” di Julio Iglesias (chissà se l’allusione a Di Battista include l’incipit “A volte sono un bastardo e a volte un buono/a volte non so neppure come io sono”, chissà se il pubblico ha almeno sorriso). Il tono è pacato e i due fanno a gara a chi è più anticasta, Del Debbio chiosa: “Non deve dirlo a me, ce ne occupiamo da anni, da anni”.
Ultimamente i temi prediletti sono gli sgomberi dei campi abusivi, e naturalmente l’immigrazione. Viene data voce a una sfilza di disgraziati, alcuni divenuti paralitici in seguito a feroci aggressioni da parte certamente di extracomunitari, pensionati che rovistano nell’immondizia in cerca di un mezzo tramezzino, cassintegrati con famiglie numerose che non possono mantenere. Non c’è mai un Philippe Daverio che, come quella volta che venne contestato al Festival di Santa Rosalia di Palermo dagli sfollati delle case popolari, alla signora che lo inseguiva urlandogli: “Ho tredici figli, non ho da mangiare”, le rispose piccato: “Signora, se ha fatto tredici figli è una delinquente”. Nessuno che dica mai a questa gente qualcosa di impopolare: “Sono Stalinista, quelli come voi li metterei nelle miniere di sale”, perché qui la Gente-Vera è anche il Popolo-Sovrano. E va difeso.
Anche Barbara D’Urso ha ospitato in passato casi disperati, gente che dormiva in auto e chiedeva un lavoro a lei. Ultimamente la fascia quotidiana è tutta una promessa di matrimonio e donne incinta, con aggiornamenti sulla cronaca nera, che lei prende molto sul serio leggendo i comunicati Ansa sempre molto “esclusivi” e “dell’ultimo minuto” e sempre “per primi in assoluto, solo per voi”. Inoltre deve gestire tutto il sottobosco televisivo Mediaset per far da traino agli altri programmi, e riempire le ore con uno star system che non verrebbe invitato a uno sposalizio cafonal in un film di Garrone. Da una parte le ruspe di Salvini e dall’altra la madre di Lory Del Santo che guida il trattore.
Barbara D’Urso è un’altra grande disprezzata, non solo dalla critica. (La sua pagina facebook è il contrario di quella di Gianni Morandi, solo persone sgarbate che le danno della prostituta). Barbara è specializzata nel filone “testamenti impugnati” e lotte famigliari, con la vedova Funari che racconta di non avere neppure i soldi per l’epitaffio sulla lapide, o i 37 cugini di sesto grado che si litigano l’eredità Sordi. C’è anche il femminicidio, non sappiamo se della moglie di Dan Harrow o di Dan Harrow: lei che mostra i lividi, lui che mostra i graffi, e i testimoni che aumentano, gli interventi telefonici, le vendette per gelosia, i plichi di documenti retti da Barbara con le denunce, i verbali, le fedine penali (pulite). Qualcuno mente e qualcuno dice la verità, ma non ci importa perché è così divertente veder volare stracci e sentire lui che dice “È gelosa, veniva ai miei concerti e tirava le pennate alle fan”. Lei che replica a lui: “Cosa ci devono fare le donne con una candela spenta come te?”. Ci sono sempre avvocati che non possono dire nulla ma poi alla fine dicono troppo. Una volta Bernardini a Tv Talk ha chiesto a D’Urso come facesse a reggere ritmi televisivi simili, con la fascia pomeridiana e il domenicale, lei ha risposto con un sorriso, “la passione”, e poi ha aggiunto: “Io vivo qui a Milano dove come ben sai nevica, ma io non lo so, perché entro qui a Cologno alle otto e mezza, la città per me non esiste, sono qui in un camerino senza finestre fino alle 22”. Una vita da sequestrata, da pentita camorrista, da martire per consentire a noi di godere dal divano delle vite brutte degli altri.
Forse il momento più alto è quando la figlia di Fabrizio De André ha rotto il silenzio sull’infanzia terribile che ha avuto. Una buona famiglia di sinistra, il figlio di un grande autore che non è stato un bravo padre, e una figlia tanto bella da desiderare fare la soubrette e non l’ingegnere o l’avvocato o la cantautrice. Chissà se è tutto vero, ma che importa. “È vero perché lo ha detto la tv” è una frase che attribuiremmo senza imbarazzo a Homer Simpson ma che, se detta ad alta voce, ci renderebbe ridicoli. Le false interviste sono diventate un format smascherato: Fabio e Mingo di Striscia la Notizia, i delatori che passeggiano casualmente dietro alla cronista nei servizi di Domenica Live, le ragazze rom che ammettono guadagni di migliaia di euro a Mattino Cinque, gli zingari che all’occorrenza sono anche musulmani che detestano i cristiani nelle trasmissioni di Del Debbio. Basta pagare.
[**Video_box_2**]Quel che importa è la gente vera, che su Canale 5 vuol dire meridionali, su Rete 4 vuol dire pensionati. È la televisione cattiva maestra che non piace ai critici ma piace a tutti gli altri e per la legge di mercato resiste. È il guilty pleasure del ceto medio riflessivo che sbircia con un occhio chiuso e uno aperto il peggio, e riconsidera il suffragio universale. Non è un bel vedere: urlatori professionisti, razzisti, arrivisti, poveri e spesso cattivi, verbalmente violenti, ignoranti, sciocchi, soubrettismi fuori tempo. Non li invitereste a cena. Quando sentite dire che Barbara D'Urso è trash perché invita Raffaella Fico, quella che aveva messo in vendita la propria autocertificata verginità, e la fa piangere guardando un filmato del fratello in cui lui si complimenta con lei per una carriera che lo rende fiero, e vedete le sorelle Lecciso ballare la pizzica, e sentite la musica enfatica nei filmati di nera, e i diciottenni napoletani che si fanno fare i prediciottesimi da fotografi scaltrissimi e di tutto il resto, vi vogliono dire una cosa sola: che è 'sta "terronata"?
Dall’altra parte non va meglio. Anche se è un talk di approfondimento politico è irricevibile per tono e per come Del Debbio semplifica in modo furbesco. L’Intellettuale detesta per procura perché ha studiato troppo per poter cedere agli spiriti animali come un tonto qualsiasi. Così sente Salvini dire “ruspe ruspe ruspe”, e gode che sia un altro a odiare i rom e sbarazzarsene, poi spegne la tv e si apre un libro; il tonto guarda Salvini e scende in piazza a prendere il microfono per dir la sua, magari con uno di quei folkloristici cartelli “L’Italia agli italiani”. Del Debbio lo sa e la sua è la trasmissione più antisnob e antiintellettuale che ci sia. Se deve dire qualcosa di ragionevole il cronista anticipa in tono ironico: “Le persone intelligenti direbbero che”. E prima della pubblicità il conduttore avvisa: “Non cambiate canale per almeno tre motivi: “Perdete tempo a cercare programmi meglio di questo e non li trovate, perdete il filo del discorso e vi si consuma la batteria del telecomando”.
La "Televisione Scarico" è da difendere perché consente al colto di poter far parlare il lato più torbido e inaccettabile di sé, e al contempo dà voce all’ingenuo che sfoga i bassi istinti. D’Urso e Del Debbio sono spesso scorretti, faziosi, cedono al pietismo. Però, se Oprah Winfrey, a cui evidentemente tutto lo staff di Barbara si ispira, è considerata una delle maggiori pensatrici del pensiero neoliberista, nonché pluripremiata, la povera D’Urso è svilita e fatta entrare dalla porta sul retro. Qualcosa è andato storto. Percepiamo tutto sempre come trash, come se non fosse una categoria di mercato degna di un’industria dell’intrattenimento, come se non pagasse i conti a Mediaset e come se non ci facesse divertire. O peggio, come se la tv dovesse essere pedagogica, istruttiva, colta e far pensare: no, bisogna attrezzarsi per non acquistare il sale di Wanna Marchi, ma continuare a vedere come urla sullo schermo e cerca di vendertelo. È come dice Lory Del Santo quando difende The Lady, un intenzionale b movie con gli scarti delle feste di Lele Mora: “Io fotografo la vita di tutti i giorni. Se nella vita di tutti i giorni c’è qualcuno che è trash è giusto che entri in scena”. Ma è questo il punto: quando Grasso si lamenta della piazza berciante è perché non vuole vedere i leghisti lamentarsi senza aver letto prima Gianfranco Miglio o almeno un manuale di storia delle medie. Il racconto popolare da noi dice solo una cosa: quanto non ci piace il popolo.