A Cannes vanno in scena tacchi orrendi, fratelli amanti e blasfemia comica
SICARIO di Denis Villeneuve, con Benicio del Toro (concorso)
Dello smoking si sapeva, guai a presentarsi senza papillon nelle serate di gala: Cannes lo impone anche ai fotografi. Dei tacchi alti per le signore, ammesso che la notizia sia vera, abbiamo saputo durante la conferenza stampa del film (i film li vediamo perlopiù di giorno, le scarpe farebbero inorridire Nanni Moretti). L’attrice Emily Blunt si è lagnata, e dire che nel film ha addosso la stessa T-shirt per una settimana (glielo fa notare un collega dell’FBI). Quando se la cambia per uscire a prendersi una birra, la serata finisce malissimo. Ambientato tra gli Stati Uniti e il Messico, sulle tracce dei signori della droga, “Sicario” è un tesissimo thriller con qualche dilemma morale. Quanto basta per farsi invitare a Cannes, che fugge come la peste i film dove “i nostri” trionfano: qualche scrupolo ci vuole (e come sempre tocca alle signorine). Josh Brolin e Benicio del Toro, per solidarietà, hanno minacciato di salire sul tappeto rosso con i tacchi alti.
MARGUERITE & JULIEN di Valérie Donzelli, con Anaïs Demoustier (concorso)
Registe francesi, un po’ di pietà. Va bene la storia d’amore incestuosa, uscita dai cassetti del novantenne Jean Gruault che l’aveva scritta nel 1973 per François Truffaut. Va bene l’epoca indefinita, con Jean Cocteau a fare da parafulmine: “Qualcosa di falso, ma che sembri vero” (vale per il cinema tutto, ma sorvoliamo). Sarebbe troppo chiedere due amanti fratelli che facciano meno antipatia di Anaïs Demoustier e di Jérémie Elkaïm (peraltro bravissimo nel precedente film di Valérie Donzelli, “La guerra è dichiarata”: un quasi musical autobiografico sulla malattia del loro figlio)? Li separano da bambini, fuggono, vengono riacchiappati. Li separano da grandi, sposando lei, e fuggono di nuovo. L’unica cosa degna di nota sono le bambine a cui la triste vicenda viene raccontata come favola della buona notte: stringono l’orsacchiotto, urlano, si divertono come pazze.
LE TOUT NOUVEAU TESTAMENT Jaco Van Dormael, con Benoît Poelvoorde (Quinzaine des réalisateurs)
Dio esiste, abita a Bruxelles. In vestaglia, canottiera, calzini e ciabatte di plastica siede davanti a un vecchio computer, dove escogita punizioni per l’umanità (suo figlio Gesù andava a ruota libera, spiega: tutti discorsi non autorizzati). Maltratta la moglie e la figlia, piccola ma sveglia: per vendicarsi manda agli umani la loro data di morte, via sms. Poi disattiva il computer e va sulla terra a cercare altri sei apostoli (devono essere diciotto, come in una partita di baseball). Il regista belga alterna blasfemie divertenti, e scene moraleggianti d’accatto: Dio, sceso sulla terra senza documenti, viene scambiato per un clandestino. Nel mondo dove ognuno sa la sua data di scadenza, Catherine Deneuve amoreggia con un gorillone comprato al circo. Lo aveva già fatto Charlotte Rampling, in “Max mon amour”, diretto da Nagisa (“L’impero dei sensi”) Oshima nel 1989.