Cazzullo e il bacio della morte a Matteo Garrone
Salvateci dai canti della sorrentineide
Gli ultimi film del concorso – all’appello ancora manca il “Macbeth” di Justin Kurzel con Marion Cotillard, chissà se riuscirà a smettere per una volta lo sguardo da vittima – non hanno dato soddisfazioni. “Chronic”, del messicano Michel Franco, racconta l’infermiere Tim Roth, specializzato in malati terminali. Lavoraccio reso più faticoso dai figli di un paziente colpito da ictus: lo vogliono denunciare per molestie sessuali, dopo aver trovato un film porno nell’iPad del genitore. Il film è talmente cupo che al momento abbozziamo. Poi pensiamo alla battuta del ragazzo irresistibile Ed Burns, morto quasi centenario, “se non fosse per qualche borseggiatore la mia vita sessuale sarebbe a zero”. Infine il cinico che è in noi – nulla lo sveglia più di un brutto film – stabilisce che le molestie in quei casi andrebbero ricompensate con un extra, non denunciate.
Non va meglio con “Valley of Love” di Guillaume Nicloux. Gerard Dépardieu e Isabelle Huppert, più o meno nella parte di loro medesimi, vengono convocati con lettera postuma dal figlio suicida per un viaggetto nella Death Valley californiana. Ha stabilito lui l’itinerario, dicendo che si manifesterà durante una delle tappe. Lui grassissimo, lei magrissima (e onnipresente, era anche la fotografa in “Louder Than Bombs” di Joachim Trier, stessa pettinatura e stessi vestiti, e stessa aria “ho messo il pilota automatico, ditemi quando è finita la scena”). Pensiamo agli sviluppi possibili della trama, mentre i due seduti su uno sgabellino o passeggianti nel deserto non fanno assolutamente nulla, se non lamentarsi per il caldo. Alla fine il figlio si fa effettivamente vivo: un fantasma che afferra lei alle caviglie e lui ai polsi, procurando una specie di orticaria (possiamo ripeterlo sotto giuramento, è la pura verità).
Coté Palma d’oro, salgono le quotazioni di “The Assassin”, girato dopo 25 anni di preparazione dal venerato maestro cinese Hou Hsiao-Hsien. Nessuno è riuscito a capire la trama, che ha per protagonista una signorina educata alle arti marziali fin dalla tenera età. Lodi sperticate invece per la composizione delle immagini. Tradotto in lingua volgare: certe interminabili scene dove nulla succede se non lo sventolare di una tenda. Non proprio quel che avevano in mente i fratelli Lumière, quando inventarono il cinema. Le quotazioni di Paolo Sorrentino, con il senile “Youth – La giovinezza”, continuano a restare alte, se non altro per mancanza di concorrenti. Ci sarebbe “Carol” di Todd Haynes, con Cate Blanchett e Rooney Mara, fioccano le scommesse su quel che ne pensano i fratelli Coen, presidenti della giuria. Repubblica, da giornale-partito che era e già abbastanza disturbava, ha ora il suo miniculpop: sono saliti in cattedra, per altrettanti canti della sorrentineide, Eugenio Scalfari, Natalia Aspesi, Concita De Gregorio. Aldo Cazzullo coglie l’occasione per dare il bacio della morte a Matteo Garrone e al suo bellissimo “Racconto dei racconti” paragonandolo a Pier Paolo Pasolini.