Una manifestazione a favore del matrimonio gay a Belfast (foto LaPresse)

“Le nozze gay? Una deriva teocon”

Marianna Rizzini
Intervista a Tommaso Cerno sul dramma della battaglia dei diversi diventata battaglia degli uguali

Roma. Il Family day, il matrimonio gay e il punto di vista eccentrico del giornalista e scrittore Tommaso Cerno, cui piace definirsi “omosessuale celibe” (“del matrimonio gay mi piacerebbe il diritto di essere considerato celibe, visto che ora ne ho il dovere”). Cerno si tira fuori dalla “solita guerra tra chi si fa vedere più normale” e, pur premettendo che “la battaglia per l’eguaglianza davanti allo stato è il minimo sindacale”, pensa che il vero problema sia un altro: “Capire da quando e perché la battaglia dei diversi è diventata battaglia degli uguali”. Esempio: “Negli anni Novanta il Gay Pride si faceva, ma se ne parlava poco. Ora tutti ripetono ‘il Pride un tempo era una festa ma adesso non si può più guardare’. Ma non è cambiato il Pride, è cambiata la battaglia percepita dagli stessi movimenti omosessuali, per decenni, come battaglia della diversità”. Una diversità “che si manifestava in tono allegro, come discontinuità con la società, come proposta culturalmente provocatoria di cambiamento. Una volta diventata battaglia degli uguali, tutto ciò che nel Pride non sembra così uguale appare un eccesso”.

 

“C’è stato un cambiamento profondo di senso nelle richieste”, dice Cerno. “Ma se chiedi ai leader dei movimenti omosessuali quando hanno smesso di puntare su un modello antiborghese, come facevano negli anni Ottanta, loro non sanno rispondere. Perché il percorso culturale verso la ‘battaglia dell’uguaglianza’ è stato fatto all’insaputa sia dei conservatori sia dei progressisti”. I motivi sono da ricercare “nella modificazione ambientale che ha reso naturale la codificazione dell’uguaglianza come obiettivo di tutti, senza che ci si fermasse a riflettere su cosa si perdeva trasformando la diversità in uguaglianza”. C’è poi, dice Cerno, “il grande miraggio dei cattolici tradizionalisti irredentisti iper-conservatori italiani: stiano attenti, stanno sbagliando tutto. Si comincino a domandare perché la destra conservatrice del nord Europa è diventata improvvisamente favorevole ai matrimoni gay. Secondo loro David Cameron è pazzo o, più conservatore di loro, ha capito quel che loro non hanno capito? I gay sono destinati a diventare i nuovi teocon, lungo questo percorso di evoluzione dalla battaglia del diverso a quella dell’uguale. Saranno loro a tenere in piedi la famiglia tradizionale. Il matrimonio e la famiglia coniugale-dinastica, infatti, è superata dalla storia. Si guardi al numero di divorzi, al fatto che non si fanno più figli, alle violenze in casa. Come si fa, allora, a salvare il matrimonio? Lo si estende ai gay: gay che sono disposti, per poter essere uguali, a perpetuare un istituto in crisi. Se tutti si sposano, nessuno contesterà più il matrimonio come istituzione”. E gli italiani? “Gli italiani invece propongono, pensando di fare un favore a Cristo, un modello di famiglia di serie B, preoccupandosi di non chiamarlo ‘matrimonio’. Ma se, in nome della disuguaglianza, proponi un modello più economico e più semplice, quello diventerà il più appetibile, vista la crisi del modello tradizionale”.

 

[**Video_box_2**]Attenzione, poi, dice Cerno, “a considerare omofobi i manifestanti del Family day. Come tutte le fobie, l’omofobia esiste tra etero come tra gay, ed è una delle conseguenze del passaggio dalla battaglia del diverso a quello dell’uguale. Oggi la comunità gay, che un tempo aveva creato, anche per via dell’isolamento, una sorta di sistema mutualistico, ha abbandonato i suoi anziani. Non a caso tutti i grandi artisti omosessuali dicono la stessa frase banale: ‘Com’era bello quando eravamo provocatori’. Cazzate! Lo dicono perché si sentono abbandonati e non rappresentati dal mimetismo della coppia gay benvestita che vive ai Parioli e cammina col cane. Oggi se non sei giovane e bello, o famoso, per gli omosessuali non esisti. Non è omofobia questa? Mentre non lo è la manifestazione del proprio pensiero al Family day. Puoi dissentire da quegli slogan, ma nel momento in cui chiedi che la società sia più libera di prima, non puoi essere tu a contestare chi si oppone”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.