La lotta di Facebook per la parità di genere passa da un'icona politicamente corretta
Il femminismo non va mai in vacanza, poco ma sicuro. A volte le sue ragioni sono sacrosante, ultimamente, però, si accontenta delle residue opportunità che passa il suo spretato convento. L'ultima in ordine di tempo l'ha colta Caitlin Winner, designer manager di Facebook, che era convinta di lavorare per un'azienda meravigliosa fino a quando non si è resa conto che l'icona che rappresenta la donna sulla schermata del social network soffriva di una malformazione congenita a una spalla, un chip fuori asse, quel tanto che basta a renderla menomata nei confronti di quella, perfettamente simmetrica, dell'uomo. Caitlin, donna dalle belle spalle robuste, si è risentita. Com'è stato possibile?, si è domandata. La verità è che nessuno a parte lei ci aveva mai pensato. Così ha rimodellato lei stessa le spalle all' icona di Facebook. Giunta a metà dell'opera la Winner non si è fermata. Come avrebbe potuto con tutto quello che c'era ancora da fare? Osservando attentamente la home page su cui più di un miliardo e mezzo di utenti clicca da oltre un decennio senza nemmeno farci caso, si è improvvisamente accorta del profondo sessismo che può nascondersi anche solo dietro una banale icona.
Le richieste di amicizia, per esempio. Fino a ieri, un uomo grande e grosso si stagliava in primo piano; soltanto dietro di lui, compariva una figura di donna decisamente più minuta, come una specie di ombra insignificante e subordinata. È difficile, ha scritto in un post su "Medium" Caitlin Winner, donna educata da donne in un collegio per sole donne, non notare in questa icona un simbolismo che offendeva l'universo femminile. Così ha deciso di intraprendere la sua piccola ribellione. Prima ha provato a mettere uomo e donna sullo stesso piano, ma il risultato le è sembrato un mostro a due teste, allora ha osato l'inosabile. Da adesso in poi i nostri amici di Facebook saranno rappresentati da un'icona nella quale la donna precederà la figura stilizzata del maschio. Anche i gruppi subiranno una drastica trasformazione: invece dell'immagine che tutti conosciamo, maschilista pure quella – un uomo in primo piano alle cui spalle appaiono da una parte un maschio e dall'altra una donna in posizione di sudditanza –, nella nuova versione la donna primeggerà sulle altre due figure. Ma non basta. Su Facebook moltissime "azioni" sono identificate con il solo profilo maschile. E le donne dove le mettiamo? si è chiesta l'instancabile Caitlin. Così, spiega la Winner, ho disegnato una silhouette neutra per le attività in cui la differenza di genere risulta "inappropriata". In principio ha salvato le sue modifiche timidamente, preoccupata dalla reazione che potevano avere i suoi colleghi. Con sua grande sorpresa la maggioranza di loro ha collaborato al suo rivoluzionario progetto e poco importa se nessuno ne sentiva l'urgenza.
[**Video_box_2**]Dall' altra parte dell'oceano, Hannah Jane Parkinson, giornalista del quotidiano progressista inglese Guardian, chiede invece che si smetta di chiamare "girls" le donne che hanno più di diciott'anni. Girls, denuncia Hannah Jane, è un termine che rimanda al colore rosa, all'instabilità emotiva, ma soprattutto è "sessualmente suggestivo", usato dagli uomini con un sentimento a metà fra il patriarcale e il "lolitismo". La verità è che gli elastici confini del nuovo femminismo travalicano sempre di più quelli tracciati dalle antesignane del movimento, molte delle quali si domandano, come ha fatto per esempio la sociologa americana Camille Paglia, se questo radicalismo da secondo millennio sia davvero necessario e se non suoni ridicolo alla generazione Millenial, le teenagers che non hanno mai conosciuto né ci tengono a conoscere le battaglie delle loro madri. La designer manager di Facebook però va avanti per la sua strada, e anzi, accetta consigli da chiunque voglia rendere il mondo, quello virtuale, il più politicamente corretto possibile. Se non ora, quando?
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