Da Hitchens a Scalfari, qual è lo stato di salute dell'ateismo intellettuale?
Se in libreria vi sembra di aggirarvi nella biblioteca di un agguerrito materialista settecentesco, dati titoli che promettono processi a Dio e prove matematiche della sua inesistenza, catechismi di ateologia e liquidazioni della religione, fate caso a due saggi appena usciti in simultanea con idee contrastanti, inconciliabili anzi, sulla salute dell’ateismo intellettuale: “Senza Dio” di Eugenio Lecaldano (Il Mulino) e “La bella morte dell’ateismo moderno” di Philippe Nemo (Rubbettino). Per Lecaldano l’ateismo sta bene perché non incorre nelle “gravi difficoltà cui vanno incontro oggi coloro che chiamano Dio a sostegno delle loro tesi” aprendo a “conflitti di grande violenza, sociali e globali”. Propugna un ateismo moderato che, in contrasto col new atheism di Hitchens e Dawkins, ammette che si possa essere sensatamente atei solo rappresentandosi il Dio di cui si fa a meno: quindi ci sono tanti ateismi quante tipologie di Dio negato. I neoatei prescindono invece dall’idea di Dio al punto da figurarsi l’ateismo come monolite cui lo Stato ha il dovere di riconoscere dignità di religione; questo paradosso echeggia i dubbi del moderato Hume (di cui Lecaldano è insigne studioso) sugli estremismi di d’Holbach che voleva radunare accoliti attorno alla propria “sinagoga atea”.
Nell’ottimo libro Lecaldano prende le distanze ma non trae due conseguenze. Non ammette il fanatismo ateo, ritenendo che i totalitarismi senza Dio abbiano spinto talune peculiarità dell’ateismo a un estremo tale da renderle irriconoscibili e quindi non riconducibili all’ateismo stesso: presenta infatti come esempi di società atea le virtuose Svezia e Olanda, mica la Corea del Nord, salvo poi scrivere che il fanatismo è connaturato alla religione. Ma non potrebbe trattarsi allo stesso modo di peculiarità estremizzate ed estranee alla fede? Così crollerebbe l’ideologia del volume ossia che l’ateismo garantisca pace e tolleranza, illusione che lo mantiene in salute. Lecaldano smaschera inoltre meccanismi psicologici che favoriscono l’attecchimento dei monoteismi ma non muove lo stesso rimprovero a un Hitchens che si scatena sostenendo che la religione “uccide”, “danneggia la salute”, “è abuso di minore”. A tali proclami non si possono ascrivere le categorie di delirio, avvilimento dell’intelligenza e infantilismo psichico che Freud attribuiva ai monoteismi? Saggi i pagani, che non andavano per il sottile e confondevano il monoteismo con l’ateismo rimproverando a ebrei e protocristiani che, se bisognava ridurre il pantheon a un solo dio, tanto valeva non averne nessuno; sarebbe ora di contrattaccare diluendo l’ateismo nel monoteismo e dimostrando che, se bisogna sforzarsi tanto per vivere senza Dio, tanto vale accettarne uno.
Intanto Nemo, dalla Francia con furore, rilascia il certificato di morte naturale dell’ateismo poiché esso “non è riuscito a dimostrare che l’uomo è meno miserabile senza Dio che con Dio”. Anche qui sono dirimenti l’Illuminismo e le dittature atee: il primo illude che anziché interrogarsi sul perché delle cose basti concentrarsi su come funzionano; le seconde perseguitano il bello raffazzonando un’arte imparagonabile a quella prodotta a maggior gloria di Dio. Questo perché, spiega Nemo, ogni capolavoro è un assoluto, un universo a sé stante, un altro mondo possibile: tale “tocco d’infinito” consola chi crede e sgomenta chi non crede.
[**Video_box_2**]Ateismo e controateismo sono entrambi convinti che l’altro sia spacciato. Questione di contesto. Nemo scrive come resistente da una Francia scossa dai sussulti più convulsi del “programma di spazzare via il cristianesimo tramite l’azione politica e la scuola” principiato nell’Ottocento da Edgar Quinet onde “togliere alla Chiesa qualsiasi visibilità sociale”; Lecaldano da un’Italia in cui trova certificata l’ottima forma dell’ateismo nel fitto dialogo fra Scalfari e Papa Francesco, nel quale scorge “un rifiuto dell’assolutezza che va di pari passo con la consapevolezza della condizione relazionale degli esseri umani”. Se v’insospettite e controllate il colophon del libro di Nemo, scoprirete che l’hanno immesso solo ora sul nostro mercato ma l’originale francese risale al 2012, èra ratzingeriana.