Juliette Binoche

La grande bufala dell'empatia che risolve tutti i nostri problemi

Simonetta Sciandivasci
Vivere lo stesso trauma non ti rende meno cinico. Un test. Il magazine Quartz, dopo aver rilevato che aziende come Virgin ed Apple studiano la maniera migliore per stabilire un rapporto empatico tanto con i clienti quanto tra dipendenti e manager, ha condotto ben cinque indagini sui meccanismi profondi di questo sentimento popolare.

"Ho subito un danno. Le persone danneggiate sono pericolose: sanno di poter sopravvivere”, dice Anna Barton – una raggelante Juliette Binoche – nel film “Il danno” (1992). Lei, però, era l’amante del padre del suo fidanzato, che morì poco dopo aver scoperto il pasticciaccio: cerchiamo uno sponsor più rassicurante. Il customer care, per esempio, che negli Stati Uniti è la nuova antropologia e ultimamente sta interrogandosi su senso e implicazioni dell’empatia. Il magazine Quartz, dopo aver rilevato che al centro dell’attenzione di aziende come Virgin ed Apple c’è lo studio della maniera migliore per stabilire un rapporto empatico tanto con i clienti quanto tra dipendenti e manager, ha condotto ben cinque indagini sui meccanismi profondi di questo sentimento popolare (Forbes lo ha definito “di inestimabile valore per il business” e la Harvard Business Review “una skill che dovrebbe essere richiesta sia al cda che al commesso”). Risultato: tra un ragazzo di vita e uno sdraiato, tra la vittima e l’illeso, tra il traumatizzato e il non traumatizzato, a essere più capaci di empatia sono lo sdraiato, l’illeso e il non traumatizzato. Non si tratta del rovesciamento dialettico carburato dalla rivalsa, che trasforma la vittima in carnefice, perché il punto è quello di Juliette Binoche: chi ha subìto un danno e si è rialzato, ridurrà drasticamente la sua capacità di provare pietà e compassione per gli altri, proprio perché ha sperimentato sulla sua pelle che è possibile rimettersi in sesto. Inoltre, sottolinea Quartz, a ridurre la pietà e la compassione dei danneggiati, contribuisce un altro fattore, umanissimo: l’oblio. Di tutto il dolore che abbiamo creduto di soffrire da giovani, scriveva Aldo Busi nell’incipit del suo “Seminario sulla gioventù”, non resta che “un risolino di stupore, stupore di essercela presa per così poco”. Lo sappiamo bene: tradiamo il bambino per l’uomo non solo quando ci iscriviamo a Economia anziché a Filosofia, ma anche quando liquidiamo le pene di amor perduto di un adolescente, ripetendogli che passeranno e che i veri problemi della vita cominciano quando si apre una partita Iva.

 

L’empatia scatta tra individui che si pensano come simbionti, non come testimoni.  Quella ricetta popolare che consiglia, per capire gli altri, di mettersi nei loro panni – o, come dicono in America, “camminare per un miglio nelle loro scarpe” – allora, se proprio non crolla, quantomeno barcolla sotto il peso di una verità più grande: la familiarità genera disprezzo.

 

Tra i tanti test a cui Quartz ha sottoposto gli utenti, ce n’erano anche alcuni sul bullismo (per chi ritiene che il bullismo esista e non sia un nome dell’adolescenza): è venuto fuori che la capacità simpatetica di ex vittime di bulli con vittime di bulli è nettamente inferiore a quella di persone che non sono mai state coinvolte direttamente dal fenomeno. Lo stesso vale per le dipendenze e la vasta gamma di traumi, più o meno degni di analista, che scuotono l’uomo contemporaneo.

 

Costruire una cultura efficace dell’empatia, per adesso, sembra interessare solo all’economia (non è un brutto segno, è solo un segno: per esempio del fatto che l’unica scienza umanistica attualmente in vita è proprio l’economia). Le aziende sanno che vendere un prodotto significa prendersi cura della vita dei propri clienti e che il conforto che un essere umano trova al genius bar di un centro Apple (quell’interzona dove persino a un nativo analogico è offerto asilo), lo rifonderà di punti bonus di amore verso il prossimo molto più di un film di Frank Capra.

 

Le aziende che impongono corsi di “empathy training” ai propri dipendenti sbocciano come ginestre: moltissimi studi collegano il clima empatico con migliori risultati negli affari. Provare per credere: se vi si sfascia l’iPhone, l’omino in blu dell’assistenza Apple riuscirà o a raggirare la burocrazia restituendovene uno nuovo anche se la vostra garanzia è scaduta, o a sottrarvi svariate centinaia di euro convincendovi che state facendo il miglior investimento della vostra vita. Lui, quell’omino blu, sarà probabilmente qualcuno che non ha mai rotto un iPhone e, quindi, non ha ancora sperimentato che vivere senza è possibile.

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