Cosa abbiamo fatto di male per meritarci l'inno della serie A di Allevi?
Roma. “Zadok the Priest”, è un inno composto da Georg Friedrich Händel nel 1727. Dedicato a Giorgio II di Gran Bretagna, l’inno è ancora utilizzato durante l’incoronazione del Sovrano britannico. “Zadok the Priest” è divenuto famoso nel 1992 quando il compositore inglese Tony Britten l’ha inserito nell’inno della Uefa Champions League.
Da ieri anche il campionato italiano ha un suo inno, “O Generosa!”, testo e musica di Giovanni Allevi. Le ragioni di tale operazione le spiega lo stesso Maurizio Beretta presidente della Lega calcio: “L’idea di comporre un inno per le nostre partite nasce dal desiderio di unire due pilastri della cultura italiana che ci identificano nel mondo, l’amore per il calcio e la grande tradizione musicale”. Arduo il compito cui è chiamato il compositore marchigiano e, alla vigilia, grande l’attesa di ascoltare questo brano. Giovanni Allevi è un personaggio strano. Ne hanno parlato in tanti e le polemiche sono sempre state aspre. Al di là del valore puramente artistico, Allevi piace e porta avanti il suo prodotto. Nessun problema. Si assiste però da anni al tentativo fuorviante e maliziosamente prolungato di farci credere che siamo di fronte a un ricorso storico, a un artista incompreso solo perché sta introducendo qualcosa di nuovo nell’arte, e che come tutte le novità richiede una rottura con il passato. Questo è falso.
Il saluto di Giovanni Allevi ai tifosi di Serie A TIM.In esclusiva l'emozione negli occhi di Giovanni Allevi con la speranza di entrare nel cuore di tutti i tifosi della Serie A TIM!
Posted by Serie A TIM on Lunedì 27 luglio 2015
Intervistato pochi attimi prima del sorteggio dei calendari, Allevi dice che il brano gli è stato commissionato, “come succedeva ai tempi di Mozart”, dalla Lega calcio. Come dire che se io dipingo e qualcuno mi commissiona un quadro, allora io sono come Caravaggio. Anche nella scelta della “forma” della composizione Allevi dice di aver scritto un Madrigale riattualizzando, ancora una volta, modelli antichi. Lo sostiene in questa teoria lo stesso Beretta: “In tre minuti sono condensati quattrocento anni di storia della musica”. Allevi si definisce compositore di musica classica contemporanea e ogni sua parola, gesto e nota, sono pensati per instillare questo falso concetto: il passato ha un valore solo nella riproposizione di qualcuno che decide come fartelo comprendere. Non entro nel merito della forma “madrigale”, ma altri elementi sono assolutamente non veritieri. Ad esempio l’utilizzo del latino e dell’inglese che avvicina la composizione “alleviana” più a quegli orribili brani bilingue che a volte cantano in parrocchia, accompagnati da qualche gesto, stile balli di gruppo, che a un madrigale sacro o profano che sia. L’assoluta vacuità del prodotto è testimoniata dalle stesse parole del “compositore”: “Io avevo davanti ottanta persone (orchestra e coro) che ho voluto incitare con la stessa veemenza dell’allenatore di una squadra, perché c’è una grande corrispondenza tra calcio e musica. […] Ho scoperto che la nota che intonano i tifosi delle curve al gol della propria squadra è la stessa nota, la più alta che ho utilizzato io nel mio pezzo, quindi le due curve possono cantare”. In tutto questo resta oscuro il motivo di un inno per un campionato dove le squadre di calcio possiedono tutte il proprio (provate a dire ai romanisti di non cantare il loro inno).
[**Video_box_2**]Forse si tratta di uno strenuo e mal riuscito tentativo di riportare sotto i riflettori un campionato che ha perso fascino. Si è tentato di utilizzare il personaggio Allevi più che l’Allevi compositore, solo che se ne sono accorti anche i tifosi. Basta fare un salto su Twitter o leggere i caustici commenti postati sulla pagina Facebook della Lega serie A. Qualcuno in rete propone la distribuzione di tappi per le orecchie. Non sarà facile non ascoltare “O generosa!” tutte le domeniche, ogni stacco pubblicitario quella trombetta nelle orecchie e quelle parole che ci faranno dire: “Allevi, ma che stai a di’?”.