Ritorno al passato
Ci sono eventi che segnano l’esistenza. Se siamo qui a scrivere questo articolo è anche perché da ragazzini abbiamo visto “La casa 2” (“Evil Dead II”) di Sam Raimi. Ed è stata una rivelazione, così come pochi anni dopo sarebbe stata la visione di “Pulp Fiction”. Gli amici che erano con noi ne erano rimasti disgustati: era un horror troppo diverso da quello al quale erano stati abituati.
Invece noi eravamo fermamente convinti di esserci trovati di fronte a un capolavoro inatteso, la nostra prima scoperta da “critici”. E in effetti lo era: se il film precedente (a bassissimo budget, girato da giovanissimi) era un horror, seppure innovativo, “La casa 2” è qualcosa di fondamentalmente diverso, e la saga sarebbe finita con il terzo film, “L’armata delle tenebre”, un fantasy tamarro, sempre dello stesso trio (Raimi, Campbell e il produttore Robert Tapert) che di lì a poco avrebbe partorito la serie tv fantastico-citazionista “Hercules”. Solo che nemmeno nelle nostre fantasie più estreme avremmo ipotizzato che l’evento televisivo della prossima stagione sarebbe stata la serie “Ash Vs. Evil Dead”, dove Bruce Campbell riprende il suo personaggio di eroe improbabile vent’anni dopo “L’armata delle tenebre”, con Raimi e Tapert al suo fianco.
Ma è solo uno dei tanti ritorni al passato.
Adesso è nei cinema “Pixels” che omaggia i vecchi videogiochi degli anni Ottanta (New York è attaccata da videogiochi a 8 bit), a maggio e giugno abbiamo avuto “Terminator Genysis” (di nuovo con l’iconico Arnold Schwarzenegger, sempre a fare il robot a trent’anni di distanza dalla prima pellicola), al tempo stesso sequel, prequel, remake e reboot del franchise (potenza dei viaggi del tempo), il nuovo film di Mad Max, “Fury Road”. A fine agosto arriva su Italia Uno la nuova serie di Lupin III, la prima dal 1985, ambientata in Italia (il sottotitolo è “L’avventura italiana”), a dicembre avremo il nuovo Star Wars (il settimo) e nel 2016 le nuove stagioni (dopo anni) di “Twin Peaks” e X-Files due serie che hanno cambiato la televisione.
Certo, come scrive Cesare Alemanni, ci sono spesso anche motivi economici per spingere le major a realizzare sequel, reboot, remake: nell’ultimo decennio è crollato il mercato dell’home video, stroncato dallo scaricamento più o meno illegale e dallo streaming. Le major hanno sempre meno voglia e possibilità di rischiare facendo qualcosa di nuovo. Ma un film come “Pixels”, non nasce da film o fumetti o libri preesistenti, bensì da un corto del 2010 di Patrick Jean. Gli ex bambini degli anni Ottanta e Novanta adesso sono produttori e creativi e cercano di catturare i loro coetanei e i loro figli e di riproporre l’immaginario con il quale sono cresciuti.
Il fenomeno del resto non riguarda soltanto i blockbuster hollywoodiani: anche la televisione, che pure è nella sua età dell’oro (non ci sono mai state tante serie interessanti e innovative come nell’ultimo decennio), cerca di riprendere personaggi e storie del passato. Not your daddy’s (non di tuo papà) è un motto spesso usato negli States per indicare qualcosa di innovativo: ma ormai i bambini guardano (e leggono, quando leggono) con più piacere quello che guardavano i genitori, da Star Wars a Indiana Jones, senza contare le generazioni che continuano a crescere guardando Lady Oscar o Ken il guerriero.
I “vecchi ragazzi” vogliono restare negli anni Ottanta e cercano di portarci anche i figli. Ma non hanno tutti i torti. Se il XX secolo è stato il secolo breve, gli anni Ottanta sono stati il “decennio lungo”: iniziano alla fine dei Settanta e vanno avanti almeno fino a metà Novanta, ed è un periodo fertilissimo per la cultura pop in generale. Le serie televisive “autoriali” di adesso nascono allora, con “Twin Peaks” di David Lynch (1990) e “X-Files” di Chris Carter (1993) che tornano in tv, gli ultimi fumetti di successo davvero prolungato in Italia sono Dylan Dog (1986), Martin Mystère (1982) e Nathan Never (1991).
Non è quindi del tutto senza fondamento questo “ritorno al passato”, per citare un classico di quegli anni, “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis con Michael J. Fox, del quale, a causa del contratto di Zemeckis, non è mai stato fatto un remake. Eppure, l’idea di un ragazzo di adesso che incontra i suoi genitori negli anni Ottanta ci intrigherebbe abbastanza. Scoprirebbe magari che gli sono più simili di quanto non pensi, visto che vedono le stesse cose che vede lui.
[**Video_box_2**]Però il passato può tornare in tante forme diverse: se “Mad Max Fury: Road”, al netto di un forse eccessivo elogio del matriarcato (il vero protagonista è la Furiosa di Charlize Theron, quasi tutti gli uomini sono cattivi, le donne personaggi positivi) è un capolavoro d’azione (con il settantenne regista George Miller che sembra molto più giovane e ricco di idee di tanti colleghi trentenni), la nuova serie di Lupin III ha la sigla firmata rapper Moreno, non a torto criticatissima.
Speriamo che la sigla non rispecchi la serie: quella della serie animata di Batman degli anni Novanta cantata da un’icona pop come Cristina D’Avena non era obiettivamente granché (“È l’uomo pipistrello si avvolge nel mantello/è proprio Batman”) ma il cartone era un capolavoro. Batman è nato a fumetti nel 1939 e ha dato il meglio di sé decenni dopo. La cultura pop può rinnovarsi anche tornando al passato.
Universalismo individualistico