A forza di meaculpismo e falsa tolleranza, l'occidente si gioca il futuro
Roma. La tolleranza non è altro che un miscuglio di ignoranza, autocensura ostentata e rimorso, che favorisce solo la conferma delle proprie convinzioni e non il confronto. E’ questa una delle tesi che Alexander Kissler, caporedattore della cultura del periodico politico-culturale tedesco Cicero e in passato alla Faz, ha sviluppato nel suo ultimo libro, da poco uscito in Germania e dal titolo assai chiaro: “Tolleranza zero per gli intolleranti”. Kissler, che anni fa il teologo domenicano Wolfgang Ockenfels (amico di Joseph Ratzinger e docente all’Università di Treviri) mise sullo stesso piano del celebre filosofo cattolico tedesco Robert Spaemann quanto a impegno nella battaglia contro il “secolarismo aggressivo”, se la prende con l’occidente, che “si definisce come una comunità di valori che però non difende in alcun modo”. Lo accusa di essersi ormai piegato all’idolo del “meaculpismo”, il convincimento che i nemici dell’occidente in fondo abbiano ragione. L’Europa, osserva, ha dimenticato la propria storia spirituale, non sa più chi siano né cosa abbiano scritto Gilbert Keith Chesterton, Philippe Nemo, Rémi Brague, Heinrich August Winkler e – fatto ancor più grave – non approfitta più delle idee epocali portate dall’illuminismo, rinunciando a difendere i propri valori fondanti e fondamentali che sono “la libertà e la tolleranza”. Il problema, avverte Kissler, che nella sua analisi non risparmia neppure le responsabilità della chiesa, è che si predica tanto la tolleranza senza ricordare che questa trova “il suo limite nell’intolleranza degli altri”. E l’intollerante, per l’autore del volume, è l’islamismo, “l’estraneo”, che mina la “nostra comunità liberaldemocratica”. La spinta a mandare in stampa il suo saggio è dovuta a quel che accadde a Parigi nei primi giorni dello scorso gennaio: la strage nella redazione di Charlie Hebdo prima, la sparatoria nel supermercato kosher poi.
Quel che è accaduto dopo, denuncia Kissler, fa capire che l’occidente è destinato a non avere futuro. Basta considerare la frase pronunciata dal ministro dell’Interno tedesco, Thomas de Maizière, subito dopo gli atti terroristici che (a suo giudizio) “non hanno nulla a che fare con l’islam”. Non si può trascurare con una tale sufficienza – dice l’autore – ciò che i terroristi stessi considerano una legittimazione delle proprie azioni, e cioè di essere “zelanti e fedeli al messaggio del Profeta”. Dinanzi a questo, aggiunge Kissler, “scompare ogni interrogativo, perché essi si richiamavano a torto o a ragione a questa o quella sura. E’ sufficiente che lo facessero”. Più che de Maizière, insomma, sarebbe più utile dar retta alla “posizione antitetica” espressa dalla scrittrice ed ex deputata olandese di origine somala Ayaan Hirsi Hali, che da sempre auspica – nonostante le minacce cui è quotidianamente sottoposta – una “responsabilizzazione dell’islam riguardo gli atti dei suoi seguaci violenti”.
[**Video_box_2**]A dominare, oggi, è la cultura dell’appeasement, che “si è messa di nuovo in moto con una velocità sorprendente”, come a Monaco nel 1938, arrivando perfino a sostenere – scrive Kissler – che i diritti dell’uomo siano da ricondurre al Corano. Questo appeasement nei confronti dell’islam politico “merita risposte serie”. La prima domanda che l’occidente deve porsi, mentre le minacce alla sua sicurezza continueranno a crescere anche a causa dell’inerzia delle élite al governo, è cosa sia andato storto quando sui banchi di scuola, da Washington a Londra, da Berlino a Stoccolma, si studiava l’illuminismo, i suoi princìpi, i suoi valori.
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