Dammi solo un minuto
Contro il mito del tempo di qualità, quei dieci minuti intensissimi durante i quali chiediamo ai nostri figli di raccontarci le speranza per il futuro e ai nostri genitori di ringraziarci perché non ci siamo scordati di loro, Frank Bruni, editorialista politico del New York Times, ha scritto un articolo sentimentale, un elogio dei piatti da lavare in cucina, dei giorni di vacanza e delle ore trascorse insieme senza averci davvero pensato. Senza la pretesa di trasformare la vita famigliare in una prova di concentrazione in cui programmiamo di dirci tutte le cose importanti durante un sabato sera con le candele sul tavolo, per poi partire con un giorno di anticipo, soddisfatti di questo “quality time” sempre più stretto, sempre più autoritario. Dimmi che mi ami, tra poco devo scappare. Confessami quel tradimento, ho il taxi giù che aspetta. Chiedimi aiuto ma fallo in fretta, devo andare in aeroporto. E dài, non potresti sforzarti di dire “mamma” la domenica mattina quando ci sono io, invece che con la tata alle due del pomeriggio di mercoledì?
I bambini non capiscono il significato del: devo andare. Ma dove vai, resta qui con me, ti salto in braccio e ti blocco, non puoi più alzarti. Gli adulti sono abituati, tutti devono sempre andare via, anzi ci sentiamo un po’ smarriti, sospettosi, se fra quarantacinque minuti l’uomo della nostra vita non ci dirà: devo proprio scappare, ti scrivo dopo. Sono stati quarantacinque minuti fantastici, quarantacinque minuti di qualità, in cui ho perfino tolto la suoneria al telefono. E se invece io volessi un’eternità di qualità bassa, ma con presenza fisica garantita? Scrive Frank Bruni che, con una durata più ampia, con il suo esserci fisicamente più riconoscibile e consueto, ci sono molte più probabilità che suo nipote gli chieda un consiglio sulla vita privata. O che uno dei suoi fratelli si ricordi di un episodio dell’infanzia che li fa ridere fino alle lacrime. “Non c’è alcun vero sostituto per la presenza fisica”, è semplice.
[**Video_box_2**]Non possiamo pianificare episodi di sfrenata tenerezza, di straordinaria intensità, di favolosa scoperta, possiamo solo illuderci che quel giorno in cui siamo tornati a casa prima con una bottiglia di champagne sia stato davvero speciale. Perché in realtà le persone tendono a non agire nel momento giusto, nell’attimo programmato e ritagliato apposta per loro. Non imparano a camminare mentre noi siamo lì, con la videocamera accesa, ad esempio. Hanno bisogno di più tempo. Anche tempo distratto, in cui si uccidono zanzare o ci si chiude in una stanza a lavorare, invocando un po’ di quiete. Ma tempo in cui si è presenti, tempo in cui si è lì. Forse Marissa Meyer, amministratore delegato di Yahoo in attesa di due gemelli che ha già annunciato una maternità “breve”, immagina di investire su un’organizzazione perfetta, e sul tempo di qualità. La cattiva notizia è che il tempo di qualità non esiste: esiste solo il poco tempo, e soprattutto il tempo perduto, e la sua ostinata ricerca.