No, l'Università non è per tutti
Quando ho partecipato al concorso per l’insegnamento nelle scuole ho notato concorrenti maturi, laureati da più di dieci anni se non ultraquarantenni, incapaci di effettuare semplici operazioni logiche a crocette – se tutti i toscani sono simpatici e Gennaro è toscano, allora Gennaro è antipatico? simpatico? napoletano? – o lacunosi su fondamenti delle stesse discipline che avrebbero dovuto insegnare a degli innocenti. La disperazione degli esclusi, padri di famiglia con gli occhi umidi quando l’impietoso sistema informatico ministeriale assegnava loro punteggi umilianti ai confini dell’inspiegabile, mi ha reso favorevolissimo al numero chiuso nelle università, che vorrei esteso a tutti i corsi di laurea compresi quelli umanistici, se vogliamo conservare la speranza che non diventino definitivamente dei disoccupatifici. Ritengo che una scrematura che ammetta in università solo e soltanto i migliori fra i diplomati arginerebbe il fenomeno più lamentato dai docenti: la liceizzazione ossia l’abbassamento del livello di programmi ed esami universitari (specie umanistici, insisto) che spesso impedisce l’alta formazione prima del biennio di laurea magistrale, trasformando il triennio di base nella prosecuzione delle superiori con altri mezzi.
Ma agli organizzatori di blitz notturni, campagne online, flashmob e cortei di protesta, che anche stavolta hanno puntualmente salutato i test d’ingresso a Medicina, la mia posizione parrà ingenuamente incardinata su fallacie argomentative. Allora ragioniamo. La retorica dei volantini contro “la lotteria del test d’ingresso” del coordinamento Link fa confusione fra il numero chiuso come principio e il metodo applicato: che i test così come sono abbiano un alto fattore di casualità che non sempre rispecchia la preparazione è lampante ma non si risolve col todos caballeros. Se proponessi una selezione progressiva basata sul curriculum di studi liceali più un’interrogazione preliminare sulle materie caratterizzanti più la necessità di finire ogni anno gli esami in tempi ragionevoli con medie dignitose onde ottenere l’iscrizione all’anno successivo, i critici dei test diventerebbero favorevoli a un numero chiuso così blindato dagli assalti della sorte?
No, perché confondono anche il diritto allo studio col diritto alla laurea. Il sito numerochiuso.org allineerebbe la mia posizione al “luogo comune secondo cui in Italia ci sono troppi laureati. Una balla, una falsità alimentata strumentalmente da chi ha interesse a sostenere la propria visione ideologica dell’università di élite, per pochi bravi per nascita che se la possono permettere”. Siccome non ho voglia di farmi trascinare nel tranello dell’entimema per cui talento e ricchezza coincidono, mi limito a osservare che quando viene sbandierata la statistica secondo cui l’Italia è penultima fra i paesi Ocse per numero di giovani laureati, ebbene, il caso che ci siano pochi laureati rispetto all’estero (valore relativo) non confuta il fatto che in Italia ci sono troppi laureati mediocri (valore assoluto). Dire che tutti hanno il diritto di cercare di laurearsi non implica che dobbiamo far laureare tutti.
[**Video_box_2**]Lo dico alla Rete degli Studenti Medi, “laici, antifascisti e contro tutte le mafie”: quando imbracciate lo striscione “Un popolo ignorante è più facile da comandare” non vi accorgete che laurea e cultura non sono un’equazione (anzi) e che in realtà è molto più facile comandare un popolo di laureati esorbitanti, disoccupati o precari, che finiranno per implorare lo stato di essere allattati in un modo che nasconda una volta per tutte le falle nella loro preparazione. Ragionare con chi non passa un test di logica è complicato però quando ho visto quarantenni che aspettavano da anni un posto a scuola ed erano disperati perché non riuscivano a superare lo sbarramento del concorso volevo domandare: se lo sbarramento fosse arrivato prima impedendo che la laurea vi illudesse, le scuole avrebbero potuto scegliere insegnanti fra un materiale umano più scremato, e voi non sareste vissuti più felici?