Venezia tra interpretazioni “intense”, trame assenti e zazzere punk
REMEMBER di Atom Egoyan (concorso)
Semplice, con il senno di poi anche facile. Il regista armeno – nato al Cairo, cittadino canadese – costruisce il suo film su una constatazione. I sopravvissuti ai lager, memorie viventi dell’Olocausto, sono sempre più vecchi (per questo Steven Spielberg dopo “Schindler’s List” ha creato la Shoah Foundation). Qui il cacciatore di nazisti è un Christopher Plummer dalla memoria cedevole, scappato da una casa di riposo. Con una lettera di istruzioni in tasca. L’ha scritta Martin Landau, senza Alzheimer ma su una sedia a rotelle. Insieme cercano un comandante di Auschwitz che l’ha fatta franca fingendosi ebreo.
DESDE ALLA’ di Lorenzo Vigas (concorso)
Ma quanti ne abbiamo visti? Sono i film sudamericani che vincono i festival, fatti con lo stampino. C’è sempre Alfredo Castro, così i recensori possono scrivere “un’intensa interpretazione di Alfredo Castro” (come succede in Italia con “l’intensa Alba Rohrwacher”). “Intenso” vuol dire che non muove un sopracciglio per un’ora e mezza. La trama quando c’è non si capisce. Il sesso mette tristezza. Qui, ciliegina formalista sulla torta dell’arte, solo il primo piano risulta a fuoco, il resto è nebbia. Anzi, metafora.
LA CALLE DE LA ARMAGURA di Arturo Ripstein
Messico e wrestler: ogni lottatore ha il suo nano, con il suo stesso costume. Messico e miseria: la vecchia mendicante più puzza e più rimedia. Messico e puttane anziane: ammucchiata con i nani da drogare e rapinare. Messico e Arturo Ripstein, che fu assistente di Luis Bunuel. Bravissimo a fotografare – in bianco e nero – scene turpi e grottesche usando i chiaroscuri che il barocco usava per la Madonna e i cherubini.
Mariarosa Mancuso
[**Video_box_2**]Ogni promessa è debito. C’era una volta a New York una cena dalla sceneggiatrice Eleanor Perry (“Diario di una casalinga pazza”) presente Brian De Palma che preparava “Obsession”, da “La donna che visse due volte” di Hitchcock. Il regista di “Carlito’s Way” egemonizzò l’intera serata raccontando scena per scena lo script del remake. Storditi dall’interminabile racconto, la serata fu salvata da fuga e notte brava con l’insostituibile, yummy John Cassavetes; those were the days, my friends. La nostra preferita tra i tanti pr della Mostra è Maria Paola Piccin. Ieri era in overall di seta a strisce colorate (Cholé). Gestisce con discrezione e savoir faire lo spazio GQ, il più ben organizzato e fun del Lido, con vista mare. Lì abbiamo incontrato la fogliante Fabiana Giacomotti, esperta di storia della moda, di passaggio con un progetto top secret che riguarda Venezia, un documentario da produrre con David Moscato, ex presidente della Universal. Aiutino: Fabiana di famiglia fa Mamo Finzi. Al piano terra c’è l’angolo trucco e parrucco gestito dallo stylist Matteo Osso per le star (Juliette Binoche e tante altre) che vengono per interviste e photocall. La bassottina ha scroccato una zazzera punk molto ammirata. Sempre a piano terra c’è la sala proiezioni/conferenze, dove siamo corsi a sentire l’iper attiva Apulia Film Commission, 337 produzioni audiovisive dal 2008; solo nel 2014, 51 film con 3 selezionati per la Mostra 72: “Banat” (Settimana della Critica) “La prima luce” (Giornate degli Autori), e “Il paese dove gli alberi volano” (Evento Speciale). I piccioli arrivano dalla regione e dai fondi Ue. Fanno anche co-produzioni internazionali con Danimarca, Romania, Bulgaria e Macedonia. Colazione al primo piano con ottimi vini rosati pugliesi e un buffet squisito con molti posti per poggiare il culetto: lasagne, branzino, patate al forno, zucchine e un’insalata yummy di granchio; burp e hic! Tra i presenti Piera Detassis, Felice Laudadio (Bari film festival) la moglie Orsetta Gregoretti, Paolo Mereghetti, e Mario Mazzarotto (Movimento Film). Andando via, una visione romantica d’altri tempi: un bel ragazzotto con rosso di pelo scende le scale con una graziosa fanciulla in braccio. Toujours l’amour but tonight for sure.