Addio a Giorgio Israel, settant'anni dalla parte della ragione
Roma. E’ difficile e insieme semplice, raccontare chi sia stato Giorgio Israel, morto ieri a Roma, dove era nato nel marzo del 1945. Difficile è rendere conto in modo minimamente esauriente della complessità e della profondità dei suoi interessi, testimoniate dalle sue pubblicazioni scientifiche e dai suoi libri (due titoli per tutti: “Scienza e razza nell’Italia fascista”, il Mulino, e “La macchina vivente. Contro le visioni meccanicistiche dell’uomo”, Bollati Boringhieri). Assai facile è invece constatare come tutti quegli interessi siano stati costantemente rivolti a un centro che a ognuno di essi ha dato senso e forza, e che si può riassumere come il riconoscimento e la difesa di ciò che è umano. Sta in questo nucleo razionale e di libertà il grande valore della lezione di Israel epistemologo, storico della scienza e della matematica, studioso dei processi di apprendimento e delle buone pratiche scolastiche, critico tagliente e temuto di quei nuovi feticci che rispondono al nome di scientismo, tecnoscienza, relativismo, bisogno di spiegare “in termini puramente materiali ogni aspetto della vita”, come ha scritto egli stesso.
Accanto a tutto questo, come i lettori del Foglio sanno bene, Israel è stato un campione nella lotta contro i demoni antisemiti oggi riciclati sotto forma di angeli antisionisti, e contro il nuovo eugenismo “a fin di bene” che ai suoi occhi attenti non ha mai smesso di rivelare il vecchio ghigno totalitario. Che si trattasse di difendere il diritto all’esistenza di Israele, di denunciare l’inganno “progressista” che usa la vita umana nascente come materiale da laboratorio, di ridicolizzare i bacchettoni di sinistra che trovavano offensivo invitare il papa teologo Benedetto XVI alla Sapienza, di rivelare quali abissi di imbecillità si nascondano dietro l’invenzione di fantasiosi “disturbi” dell’apprendimento, a maggior gloria della medicalizzazione di ogni aspetto della vita, Israel non si è mai tirato indietro. Non lo ha fatto nemmeno negli ultimi mesi, resi pesantissimi dalla malattia, e nemmeno quando si è trattato di pagare prezzi non indifferenti di ostilità e ostracismo.
[**Video_box_2**]Era un figlio orgoglioso della diaspora sefardita da Salonicco, dove era nato e da dove era emigrato in Italia per motivi di studio suo padre Saul, medico, accademico, romanziere, cultore dell’idea di ebraismo laico mutuata dall’antenato Yehuda Nehama, tra i fondatori dell’Alliance Israélite Universelle, il movimento umanistico ebraico moderno. Chi ha avuto la fortuna di conoscere Giorgio Israel sa che in lui l’attitudine a metter pace tra scienza e umanesimo è stata vocazione e ragione di vita. Lo ringraziamo anche per questo, ci mancherà moltissimo.