Lena Dunham

Il girl power senza le ragazze è un recinto retrò in cui non si ride più

Paola Peduzzi
Nella newsletter femminista di Lena Dunham, Lenny Letter per le donne che parla delle donne, versione impegnata di “Girls”, la serie tv scritta, diretta e interpretata dall'attrice americana, la capacità di ridere di tutto, che poi è un modo per non piangere quando gli altri rideranno di te.

Vogliamo creare un mondo migliore per le donne e per chi le ama, non possiamo farlo senza di te, perché più siamo più ci ascolteranno, e quel che ci sta a cuore, “l’aborto sicuro e legale, la contraccezione da tasca, le persone giuste al potere, il tutto indossando tute estremamente aggressive”, diventerà un urlo collettivo, femminile e femminista, con il quale tutti dovranno fare i conti. Lena Dunham inaugura così il suo ultimo progetto, Lenny Letter: una newsletter per le donne che parla delle donne, la versione impegnata di “Girls”, la serie tv scritta, diretta e interpretata dalla Dunham. Assieme a Lena c’è Jenny Konner, che è la produttrice di “Girls”, altrettanto pop, altrettanto pink, altrettanto liberal e pro choice, altrettanto pronta a cambiare il mondo donna per donna, cominciando dalla prima donna che tutti amiamo, la mamma. In queste settimane, aspettando che la prima newsletter arrivasse nelle caselle di posta degli iscritti, la Konner ha lanciato l’hashtag #Askyourmother, invitando tutte le ragazze – il target è giovane, perché le millennial sono impegnate, altro che individualismo annoiato di ragazzine occupate a scattare selfie – a parlare di aborto con le loro mamme. “E’ iniziato tutto con un’email – ha scritto la Konner – ‘Ciao mamma. Penso che tu sappia che Lena e io stiamo partendo con una newsletter. Vogliamo scrivere una storia sulle donne che hanno praticato l’aborto prima della Roe vs Wade. Ne hai una da raccontarmi?’. E’ così che comunichiamo, io e mia madre. Semplicemente. Direttamente. Mi ha risposto subito: ‘Sì. In Messico. Il giorno del mio compleanno. Si trattava di incontrare un ragazzo, mettersi gli occhiali da sole e guidare per 300 miglia fino a Ensenada. Ero sicura che sarei morta. Ma poi è andato tutto bene”.

 

Così ci ricordiamo da dove veniamo, dicono Lena e Jenny, e dove non vogliamo più tornare, ma nel nuovo mondo che costruiscono, un mondo nel quale parli con tua mamma (che ormai ha settant’anni) come alla tua amica su Facebook, le ragazze non ci sono più. Non c’è spensieratezza, non ci sono il selfie perfetto della tetta, la torta divorata dopo una notte improbabile con un ragazzo dalle manie circensi, la capacità di ridere di tutto, che poi è un modo per non piangere quando gli altri rideranno di te. In “Girls” come in “Non sono quel tipo di ragazza”, il memoir della Dunham pubblicato un anno fa, non si fa altro che sorridere, imbarazzarsi, sorridere di nuovo, soprattutto invidiare un senso dell’umorismo che fa accettare tutto, anche la fissazione pedagogica di denunciare, di farsi sentire, di dirsi femministe per essere invincibili. Con Lenny Letter non si ride più, non ridono più nemmeno loro, le eroine del girl power: sono diventate serie, ci tengono a dire “noi siamo così, noi crediamo in questa cosa qui”, e voi altre certo non dovete per forza essere come noi, ma è impossibile che non lo siate, perché non c’è altro recinto possibile per le donne, se non quello che stiamo creando noi. La testimonial è Hillary Clinton, intervistata nella prima newsletter perché “rappresenta qualcosa di bello e di troppo raro: una donna che ha scelto di dire ‘no grazie’ alle aspettative sociali”. Hillary commenta le foto di quando era giovane, dice che non si può non essere femministe, ricorda la scelta difficile di fare la moglie impegnata di un marito che voleva fare il presidente d’America, parla di quell’abito famoso con le spalle fuori che indossò appena arrivata alla Casa Bianca e ribadisce che è il suo preferito. Probabilmente Hillary si è pentita di averlo indossato, ma il nuovo girl power non ammette cedimenti: Hillary è un simbolo perché pensa di meritarsi di diventare la presidente degli Stati Uniti. E nemmeno Lena, la ragazza più ironica che c’è, la regina dei cedimenti, si è accorta che, se pensi di meritarti di essere famosa e di successo e risolta perché sei donna, hai il dovere di non divertirti, e non si ride più.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi