Svetlana Aleksievič

Svetlana Aleksievič ha vinto il Nobel per la Letteratura. Chi è la "polifonica" scrittrice testimone del crollo dei totalitarismi

Maurizio Stefanini

“Per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”, spiega la motivazione con cui l’Accademia di Svezia ha assegnato il Premi Nobel per la Letteratura del 2015 a Svetlana Aleksievič. Un personaggio in qualche modo polifonico lei stessa

“Per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”, spiega la motivazione con cui l’Accademia di Svezia ha assegnato il Premio Nobel per la Letteratura del 2015 a Svetlana Aleksievič. Un personaggio in qualche modo polifonico, visto che scrive in russo ma è nata in Ucraina da padre bielorusso e madre ucraina. Ha la cittadinanza bielorussa ed è tornata in Bielorussia e ha vissuto a Parigi, Göteborg e Berlino. Forse per questo è stato spontaneo per lei costruire una straordinaria scrittura trasversale, in cui il reportage si fa narrativa, la denuncia poesia, e una quantità di voci eterogenee si fondono in un discorso comune. Il lettore italiano può ad esempio apprezzarlo in “Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo”, edito da Bompiani: una sorta di colossale Spoon River della Russia sovietica in cui uomini e donne, protagonisti vittime e carnefici, hanno raccontato attraverso se stessi l’immenso dramma del crollo della Grande Utopia comunista.

 

Ma già in precedenza con lo stesso stile corale aveva fatto raccontare ai testimoni la guerra in Afghanistan, il disastro di Chernobyl, la Seconda Guerra Mondiale. Quest’ultima, in particolare, attraverso ricordi unicamente di provenienza femminile. Gran parte dei suoi libri sono stati tradotti anche in italiano, anche se da case editrici di nicchia. Sia “Ragazzi di zinco” che “Incantati dalla morte” e “Preghiera per Chernobyl” sono stati infatti tradotti da e/o e in compenso quest’ultimo aveva vinto il Premio Sandro Onori per il miglior reportage narrativo. Classe 1948, perfetto esemplare di figlia dell’epoca sovietica, Svetlana Aleksievič si è trovata a essere cronista nel momento in cui l’Unione Sovietica crollava e ha dato dunque la sua testimonianza sulla catastrofica fine di un mondo e il travagliato inizio di un altro.

 

[**Video_box_2**]Di qui anche la sua comprensione per i drammi che questa trasformazione epocale ha causato. “Ci stiamo congedando dall’epoca sovietica. Che è come dire, dalla nostra stessa vita”, ha spiegato. E ancora: “Mi sforzo di ascoltare con onestà coloro che hanno partecipato al dramma socialista”. Nel contempo, la sua indipendenza l’ha fatta odiare anche dagli ammiratori dei totalitarismi vecchi e nuovi, tant’è che bollata come “agente della Cia” dal regime di Lykashenko nel 2000 ha dovuto andare in esilio, rimanendovi per un decennio. Già candidata al Nobel nel 2014, stavolta era arrivata come grande favorita.