Toscana futurista: essere famiglia o genitori non è la stessa cosa

Roberto Volpi
La Regione ha diviso i servizi diretti allle politiche famigliari da quelli a sostegno della genitorialità

La Regione Toscana ha scisso, attribuendole a due servizi separati, le materie “politiche famigliari” e “sostegno alla genitorialità”. Scelta sorprendente e inconfutabilmente incongrua: ma come, genitori da una parte e famiglie dall’altra? Tanto tanto la cosa avrebbe potuto essere capìta (ma ce ne sarebbe voluta, di buona volontà) se le due materie fossero state attribuite a unità operative diverse sì, ma dello stesso servizio: giacché allora se ne sarebbe almeno intravista la grana in prevalenza pragmatica, del fare – funzionale, insomma. E invece no: operatori diversi di servizi diversi. E dove sarebbe il senso di questa scelta che è a un tempo programmatica e strutturale – in quanto riguarda la struttura e l’organigramma della regione?

 

I maligni insinuano che in regione abbiano avuto la pensata per accontentare qualche dirigente in più; i cinici sospettano che c’entri nient’altro che l’insipienza o, se si vuole, l’ignoranza. Quelli come me, che guardano alla regione – a maggior ragione la Toscana, scafata regione laicista che ama fare, atteggiarsi, ma qualche volta pure essere la prima della classe, si veda tutta la vicenda dell’eterologa – con occhi affatto prevenuti, tendono piuttosto a vedere in questa separazione il segno dei tempi. La Regione Toscana sembra aver già messo nel conto non solo la caduta a spirale della famiglia, che è del resto ai minimi termini da decenni in queste terre di non matrimoni e di non nascite, ma l’emergere di nuove forme di famiglia che non necessariamente incrociano una genitorialità che, di questi tempi turbinosi, ha trovato il modo di complicarsi perfino più della famiglia stessa. Un colpo da maestri per avere le mani libere di muoversi a proprio agio quali che siano i cambiamenti, le evoluzioni e perfino le rivoluzioni che stanno prendendo forma sotto le ceneri di un’istituzione che si trova all’apice di una crisi dalla quale nessuno, neppure il Papa, neppure i vescovi, neppure il Sinodo, sa bene come tirarla fuori. E meno che meno i laici, fermamente decisi a lasciarla andare dove sarà capace di portarla un vento, che si vuole di libertà, che proclamando l’indefinitezza della forma famiglia e il suo carattere intrinsecamente camaleontico di fatto non fa che appiattirne proprietà e qualità, rendendola un confuso quanto anonimo patchwork.

 

[**Video_box_2**]Soffermiamoci un istante a riflettere se una scelta come quella della Regione Toscana avrebbe potuto anche soltanto essere concepita e realizzata dieci anni fa. No che non avrebbe potuto. A livello centrale, del governo del paese, quello che era il ministero della Famiglia s’è perso nell’anonimato, nell’incapacità di enucleare una politica fatta di alcune, poche e chiare cose capaci di conferire all’istituzione famiglia al tempo stesso appeal culturale e ideale, nonché un supporto concreto. Tutto vero, ma se non altro era uno, quel ministero, non due, non affrontava problematiche razionalmente e culturalmente unite secondo una logica di reciproca autonomia e indipendenza. Se oggi non è più così, se una regione trova naturale assegnare a due diversi servizi due materie che in realtà sono una cosa sola e che soltanto nell’unitarietà di una visione comune possono essere affrontate con una speranza di efficacia, è perché già siamo alle viste dei genitori omosessuali e di quelli comunque definiti “Uno” e “Due”; già siamo alla previsione dei loro figli, anche di quelli nati con qualche sistema che più innaturale non si può (leggasi utero in affitto) in qualche parte di mondo e in attesa di riconoscimento in Italia. Già siamo nella fase in cui famiglia e genitori possono compenetrarsi ma anche no, anche viaggiare su binari distinti fino a quando qualche giudice non stabilirà chi è di chi, e chi invece no. Ecco, la Regione Toscana è già pronta per fare della famiglia una vetrina, di quelle dove si mettono piatti e bicchieri e posate che si usano nelle grandi occasioni. Ecco in bella mostra le “politiche famigliari”; in tutte le altre è approntato il “sostegno alla genitorialità”, ovvero la grezza e incerta, volubile e controversa, artificiosa materialità che davvero ci aspetta.

Di più su questi argomenti: