La carta è viva
C’è stato un momento, qualche anno fa, in cui farsi vedere con un libro in mano, o dentro la busta di carta della libreria, equivaleva ad ammettere di essere antichi. Superati, polverosi, resistenti alla modernità. Persone piene di fiducia nel futuro hanno buttato, regalato o venduto alle bancarelle la maggior parte dei libri posseduti, per l’euforia di fare spazio, di tenere tutto dentro un Kindle, di sentirsi liberi e nuovi, digitali e pronti per una vacanza in barca. In barca infatti bisogna sempre portare il Kindle, perché la salsedine rovina la carta e perché si viaggia leggerissimi. Quindi, se si sognava una vacanza in barca, la prima cosa da fare era comprare un Kindle urlando: il libro è morto. Le librerie si sono attrezzate con un angolo per gli ebook, e nel 2011 in Gran Bretagna si è raggiunto il picco delle vendite, scrive il Times: due ebook per ogni libro di carta. Le parole retroilluminate vincevano, anche in America, sulle parole stampate, e a chi dice: ma io ho bisogno di sottolineare, toccare, fare le orecchie, l’elegantissimo Kindle ha offerto tutte le possibilità, compresa quella di farsi firmare l’ebook dall’autore alle presentazioni.
L’imbarazzo di maneggiare un tablet al posto di un libro con le pagine è stato superato velocemente dall’euforia per la novità, la comodità, la bellezza di portarsi nella borsa un’intera biblioteca, oltre al fantastico travestimento: sul Kindle possiamo leggere tutti i libri un po’ trash di cui non oseremmo mai mostrare le copertine in giro, il Kindle è la difesa delle letture proibite o rinnegate, è il massimo della democrazia raggiungibile fra i lettori. Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, aveva dichiarato: “Mai avrei pensato che sarebbe successo così in fretta”. Il futuro senza carta era già lì. Invece, dopo meno di dieci anni dal primo Kindle, stanno vincendo i libri-oggetto, i libri-sfogliami, i libri-mettimi-in-libreria, i libri-regalo-di-compleanno. Salgono le vendite dei libri di carta, scivolano giù gli ebook.
[**Video_box_2**]Waterstones, catena inglese di librerie, che nel 2012 ha collaborato con Amazon per vendere i Kindle nei negozi, ha annunciato all’inizio di ottobre che le vendite di Kindle sono così “pietose” che è meglio tornare a esporre libri. L’amministratore delegato ha giustificato la decisione in questo modo: “E’ molto simile alla vita di uno di quei bestseller inspiegabili: un giorno pile e pile, vendute con furia; il giorno dopo benedici e ringrazi per ogni vendita perché ti porta più vicino a liberarti di quella roba dagli scaffali, così potrai far posto a qualcosa di nuovo”. Anche le vendite di Kobo, unico rivale di Kindle (Sony ha interrotto la produzione di ereader l’anno scorso), sono in calo, e chi possiede già un Kindle spesso si dimentica di averlo, continua a uscire dalle librerie con titoli di carta, ad accarezzare copertine, a prendere giorni di ferie per mettere a posto la libreria in casa, a litigare nei divorzi per la spartizione dei libri di carta (tutti gli Adelphi a me, tutte le ricette di cucina e i manuali di auto aiuto a te, tutti i russi a me, tutte le biografie di Lady D. a te). Da Waterstones le vendite dei libri stampati sono in crescita del cinque per cento rispetto allo scorso anno. La conquista del mondo da parte degli ebook non è ancora avvenuta, i libri di carta non si sono ricoperti di ragnatele prima di finire nell’inceneritore: ma per un lungo attimo sembrava che l’unico destino possibile fosse questo, e che nessuno, nemmeno un bambino piccolo, avrebbe mai più tenuto in mano un libro con le figure che si alzano e formano gli alberi e le casette. Mai più polvere nelle case, mai più dediche sui frontespizi. Ma non si può litigare buttando per terra un tablet, sbattendo sul tavolo un Kindle, sarebbe troppo dispendioso. Così il libro di carta ha per ora vinto la sua battaglia, e vola dritto nel futuro.