Se oggi il maschile si declina al femminile vuol dire che la gender equality ha fallito

Simonetta Sciandivasci

In Inghilterra la Giornata mondiale del maschio sarà al centro dell'agenda parlamentare per un giorno intero. Così il mantra "se lo fai tu, lo devo fare anch’io" sta distruggendo il rapporto uomo-donna

Essendo specie non protetta ma a concretissimo rischio d'estinzione, i maschi godono di una Giornata mondiale tutta per loro. Patrocinata dall'Onu, che l'ha creata e battezzata, cade il 19 novembre, da sedici anni (in Italia la festeggiamo dal 2013, con il nostro abituale ritardo socioculturale). Serve a ricordare che anche i maschi soffrono e hanno dei guai sovrastrutturali (di quelli strutturali, che sono le loro colpe genetiche, ci si occupa l'8 marzo). Quest'anno c'è una novità: in Inghilterra la Giornata mondiale del maschio sarà al centro dell'agenda parlamentare per tutto il 19 novembre e occuparsi della "questione maschile" diventerà un onere istituzionale. L’iniziativa si deve alla pervicacia del conservatore Philip Davies, che aveva principiato la sua battaglia di costume il mese scorso, senza lasciarsi scoraggiare dalle minacce di stupro e dalla satira meninist (neologismo guascone sintesi di: forse che le femministe hanno preso a battersi per l'abolizione del maschio?). Martedì scorso, la mozione Davies è stata approvata e lui ha dichiarato di aver agito "in the spirit of gender equality", perché, così come l'8 marzo si discute dei problemi delle donne, bisogna che il 19 novembre si rendiconti lo stato dell'arte di suicidi maschili, diritto alla paternità, aspettativa di vita, violenze domestiche e omicidi. Jess Philips, unica parlamentare a sedere nella commissione che si è occupata della mozione, ha detto: "Come unica donna qui, io vivo ogni giorno come se fosse la Giornata internazionale dell'uomo".

 

Oltre al British humor, in quella frase c'è di più e cioè l'eco di un refrain che tutte le donne, almeno 987 volte nella vita, si sono sentite dire l'8 marzo: "Per me è tutti i giorni la tua festa". La condicio sine qua non del gender equality è il ribaltone del potere, che da maschile sta diventando femminile. Il gender equality, invece, oltre che una sciocchezza, è una sciocchezza investita del seguente compito: fare sì che, nella simbiosi uomo-donna, l’uno non sovrasti l’altra, senza che nessuno faccia da parassita, né tanto meno da specchio. Invece, di simbiosi parassitarie ne abbiamo viste e anche di camaleonti. Il momento, un po' più che accessuale, in cui le donne hanno preso ad assomigliare agli uomini è arrivato dopo quello in cui hanno chiesto il riconoscimento della propria specificità. Adesso, assistiamo al contrario. Il maschile si declina al femminile. A dire "se lo fai tu, lo devo fare anch’io", sono state le donne per prime: adesso è il turno degli altri.

 

Esistono il dolore maschile (che è doppio: il dolore e la vergogna di provarlo - il “Bell’Antonio” è un romanzo che potrebbe essere scritto pure domani), la negazione dei diritti dei padri, la vanità maschile, la violenza sommersa. Tutti oggetti di una narrazione che batte i tasti su una tastiera a forma di donna, perché è la forma vincente.

 

[**Video_box_2**]In questo senso, il gender equality sta completamente fallendo il compito di cui è stato investito, ma è un fallimento che fa lo stesso rumore del dolore maschile: lieve, trascurabile. Anche per questo motivo Jess Philips ha detto che è tutti i giorni la Giornata internazionale dell'uomo: perché il diritto femminile è ancora troppo più importante, troppo a metà, perché si badi a quello maschile. Agli uomini, allora, non resta che adattarsi e scegliere i mezzi di un successo condotto dal genere opposto. A ottobre è uscito il primo numero di D-Uomo (prima esisteva solo D-donna) in allegato a La Repubblica: la D di donna ha annullato la U di uomo, o forse è un caso di spending review. L'ultima web serie del Corriere.it si chiama Mister Fifty, racconta il rapporto di un uomo con l'invecchiamento e la quotidianità: è identica a "Mamme imperfette", solo che si va in andropausa e non in menopausa. Su "Netcharfoo”, sito di incontri che spopola in Tunisia (sì, in Tunisia), le donne scelgono uomini che si sponsorizzano con slogan da banco frigo tipo "gustami con moderazione".

 

"Se un uomo sa di fumo è veramente un uomo", cantava Mina. Salviamoci dal cambio di paradigma, da un uomo che se sa di donna è veramente un uomo. Se necessario, torniamo a fumare: vivremo meno, ma meglio.  

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