Canzoni & cazzoni
Infilarsi in una disputa musical-teologica tra Giuliano Ferrara e Michele Serra, anche no. L’ha già risolta Madonna, intesa Ciccone. A che serve stabilire se quelli del bacio in bocca al Bataclan fossero dei debosciati satanici o solo degli ironici rocker pirloni, se la musica pop aiuti la pace universale o è meglio spegnerla, ché non piace al califfo? Se sia il blasfemo degrado di un occidente che dovrebbe tornare al gregoriano o la colonna sonora identitaria di tutte le libertà? La questione insolubile già dai tempi di Sympathy for the devil – e stiamo tutti con gli Stones, forse non il Papa, ma padre Spadaro di certo sì – l’ha già risolta lady Madonna. E qui merita che le si renda onore. Perché con tanti rocker fifoni che annullano concerti, con tante band che hanno abbassato il volume, lei ha cantato. A Torino. E non si arrende. Con un’ora di ritardo per i controlli, con 800 fan in meno per sopraggiunta ansia da strage, ma ha cantato. Lei che ha dissolto nella religione del pop i dissidi dell’anima occidentale. Lei Devil Pray, lei Holy Water, lei Like a Virgin, lei che ha inventato il crocefisso tra le tette. Lei in tour con tutto il repertorio del porno modernariato, lei con le croci, lei che ha messo e tenuto insieme il blasfemo quotidiano e il cattolicesimo mediterraneo, dimostrando di quale ossimoro pop sia fatto il mondo. Lei non ha paura di quei bastardi, lei ora canta La vie en rose con l’ukulele. Sympathy for Madonna.
Un altro che merita l’applauso è Bob Dylan. Che non è mai stato un cuor di leone dai tempi del falso incidente e delle fughe dalla pazza folla, e a Bologna ha voluto più polizia e security che manco a Damasco quando arriva Monica Maggioni. Ma ha cantato. Lui troppo religioso per gli hippy, troppo cristiano per gli ebrei, troppo laico per i religiosi. Lui poeta e non profeta, lui ha cantato “Things have changed”. I vecchi leoni lottano insieme a noi.
[**Video_box_2**]Due che invece sono dei veri cazzoni, detto con sympathy for la colleganza s’intende, sono Zita Dazzi e Massimo Pisa, giornalisti di Repubblica. Che si sono travestiti con kefiah e niqab e hanno gironzolato per Milano per vedere di nascosto l’effetto che fa. E raccogliere con finto stupore da effetto verità i commenti della strada, “siamo in Italia, e non ci si veste così!”, “Oh madonnina” (scritto minuscolo), “adesso quella si fa esplodere”. Per scoprire che “l’ombra di paura è la stessa negli occhi di tutti”. Apperò, mentre qui noi ancora pensiamo al giornalismo delle cinque “W” e all’articolo di fondo, il giornalismo d’inchiesta ha fatto passi da gigante. Piccola proposta per fare un altro passo, ma un po’ più coraggioso, nello street journalism. Perché oggi, che è shabbat, non si infilano in zucca una kippah o un tallit sulle spalle, e provano ad andare, invece che in centro, dalle parti di viale San Gimignano o in Comasina? E vedere di persona l’effetto che fa, prendersi due coltellate al grido di Allau Akbar?
Dove fioriscono le rosalie
Palermo celebra la santa patrona con l'arte, un dialogo fra antico e contemporaneo
Gli anni d'oro del Guercino