Adele e l'arte di scomparire (che Justin Bieber non conosce)
Ci sono due tipi di persone: quelli che al cantante che amano chiedono un autografo e quelli che lo obbligano a un selfie. Se vi riconoscete nel primo gruppo avete sicuramente molto più di vent’anni, e dovete sapere che allo Ellen Degeneres Show è stato ospite per l’intera settimana Justin Bieber, quello a cui i vostri figli chiederebbero un selfie (cosa che lui palesemente disprezza).
L’intera strategia di promozione di Purpose, disco uscito il 14 novembre, è basata sul chiedere perdono (il terzo singolo si chiama Sorry). Lo abbiamo visto prestarsi a candid camera, alla riconciliazione con Seth Rogen che ha ammesso di averlo insultato su Twitter solo perché gli andava di farlo, all’incontro a sorpresa con le fan, presentare il video intimista girato in Islanda e che si conclude nell’unico modo in cui può concludersi una canzone dal nome "I’ll show you", con Bieber in mutande che esce dall’acqua.
Nella terra in cui le celebrity sono considerate modelli di condotta, Bieber deve chiedere scusa per molte cose: per le battute razziste rubate in conversazioni private, per aver fumato erba, per le gare abusive in autostrada, per aver visitato bordelli in Sud America, per aver lanciato delle uova sul tetto della casa dei vicini. Ma soprattutto per quello che è: un giovane ragazzo con molto talento e molto successo. "Tutta colpa di come il brand Bieber è stato ritratto", ha detto a NME, attribuendo tutto a una questione di percezione di un bravo ragazzino con un bel visino e dei bei capelli che non può fare nulla di sbagliato: "Se vedi Ghandi che si fa una canna non è come vedere Ryan Gosling farsi una canna, e al primo glielo fai pesare".
La strategia del perdono è continuata per mesi, rilasciando interviste in cui Justin ci diceva quanto forte fosse la sua fede, quanto sia in realtà un bravo ragazzo e quanto tutti possono sbagliare perché siamo umani. (https://i-d.vice.com/en_us/article/justin-bieber-interview-the-teen-idol-comes-of-age-in-spectacular-style) Purpose è l’album di un ragazzino che vuole ricollocarsi nel mercato del pop adulto, e per farlo cerca di riabilitare un’immagine contraddittoria di ragazzino viziato che però ci chiede scusa per avere diciannove anni e non comportarsi come il modello che vorremmo per i nostri figli. Succede così quando la copertura mediatica è pervasiva al tal punto che Justin Bieber se vuole trovare una propria foto non perde tempo a cercarla tra album di famiglia o gallery: si googla.
Fino a poco tempo fa non lo facevamo, non monitoravamo continuamente l’account social di Rihanna per capire se si fosse decisa a pubblicare l’attesissimo Anti, e visitando il suo sito non avremmo mai letto: "Pazienza. Ascolterete la sua voce quando sarà il momento", con il logo Samsung a dirci che Rihanna riesce a venderci pure i messaggi in cui ci dà degli impazienti. Oggi, quando un nuovo disco è atteso, è questione di minuti prima che sia nelle nostre cuffie. Di solito c’è qualcuno che lo pirata prima, il leak è l’altra strategia marketing con cui saliviamo perché è irresistibile scaricare ciò che non ci è permesso ascoltare in anteprima. Prima dovevamo annoiare il commesso del negozio e passare dal giornalismo musicale per aver notizie, oggi basta una vibrazione del cellulare.
[**Video_box_2**]Fino a poco tempo fa non lo facevamo, ma oggi sì. E le celebrity hanno imparato a gestirsi e promuoversi come brand. L’ultima e più grande impresa è quella di mantenere la propria presenza mediatica anche quando non si è in periodo promozionale, ha scritto il Washington Post. A volte è dura, e noi non possiamo neanche immaginare quanto perché passiamo il nostro tempo a fotografarci come celebrità mentre loro si fotografano in pigiama come persone normali. La fama può farti finire male (effetto Winehouse), e nelle interviste ultimamente lo ripetono tutti, da Justin Bieber a Zayn Malik (ex One Direction) fino a Adele, la quale però ci dimostra che è possibile scomparire senza essere dimenticata.
Adele è un caso a parte. Prima di tutto fisicamente: le foto che corredano la sua intervista per ID-Vice sono quasi esclusivamente ritratti, il suo look vintage riflette la retromania degli anni che non ha mai vissuto, proprio come Lana Del Rey, ma a differenza di questa riesce a sembrare sempre autentica, semplice, ruspante. Ad Adele nessuno chiederebbe di posare per le foto d’intimo, come Bieber per Calvin Klein, ma in ogni caso: lei rifiuterebbe.
La strategia promozionale di 25 è la sottrazione. Adele si nega ai fan a cui ha twittato solo 300 volte contro quelle 30 mila di Bieber, in tre anni non ha concesso interviste, e si è ritirata in Inghilterra col compagno a crescere un figlio, a preparare un disco, a elaborare quel successo planetario che era 21. La sua esposizione è strettamente legata a ciò che vende. Solo Beyoncé tra le star americane sembra faccia lo stesso, ma le ci sono voluti molti anni per raggiungere un’autonomia tale da consentirle album a sorpresa primi in classifica senza una strategia social da milioni di dollari (come Lady Gaga).
Sono casi rari e che dimostrano l'inarrivabile potere contrattuale di icone pop (potere ribadito dalla decisione di sottrarsi anche allo streaming, se potesse ci obbligherebbe tutti al vinile). Puoi negarti solo se qualcuno ti desidera veramente ma anche se tutto ciò che hai da offrire è la tua musica. Da una parte Bieber che rappresenta l’esposizione dell’eccesso del brand (migliaia di foto, contatto diretto coi fan costante, countdown a premi, gossip e intrusioni private perché non ha una privacy) dall’altra la persona Adele. Anche lei ha chiesto scusa ai suoi fan e ha usato una lettera che si conclude chiedendo perdono ai propri fan per la lunga attesa, "but you know, life happened".