My fair baby

Annalena Benini
Quanto è carino questo bambino che mi sta lanciando addosso la pizza con i würstel alla cena di classe, mentre suo padre ride e gli dice: non hai fame appapà?

Quanto è carino questo bambino che mi sta lanciando addosso la pizza con i würstel alla cena di classe, mentre suo padre ride e gli dice: non hai fame appapà? E dolcissima la ragazzina di quinta elementare che mangia le polpette senza né forchetta né mani, seduta sotto il tavolo perché ha bisogno di trovare il suo habitat, dice la mamma con aria comprensiva. Molto divertente quando chiedo a mio figlio di aiutarmi con la spesa e lui si butta per terra e urla che ha sete. E ogni volta che gli dico: saluta la signora, saluta la maestra, saluta il dottore, si gira di scatto e fa una pernacchia. Signor giudice, lo giuro: ho provato a insegnargli come si sta a tavola, ma che cosa posso fare se lui preferisce mangiare sdraiato su due sedie? Non posso forzare la sua natura selvaggia. Così molti genitori disperati, inermi ma consapevoli di stare crescendo Tarzan, iscrivono i figli (e le tate), racconta il New York Times alle scuole di buone maniere, come un tempo le ragazze in cerca di marito. Corsi di etichetta, di gentilezza, maestri che insegnano ai ragazzini a non calpestare le bambine nella corsa al buffet durante le feste di compleanno (e in effetti ci sono adulti a cui nessuno ha detto che non si fa), insegnanti che spiegano come si ordinano gli spaghetti al ristorante, come ci si rivolge ai camerieri senza insultarli, e quanto aspettare prima di interrompere una conversazione fra i genitori e i loro amici per chiedere urlando il nuovo Nintendo in regalo subito.

 

Ci sono anche workshop, sessioni intensive di sei settimane intitolate: “Polite is right” per bambini e teenager, in cui viene spiegata la necessità sociale di lavarsi i denti abbastanza spesso, e di non urlare né picchiare né sputare durante una discussione sui turni per sparecchiare, o anche durante un’interrogazione in classe. I genitori iscrivono le baby-sitter, pretendendo che si trasformino nella signorina Rottermeier e che da tutte queste lezioni escano dei piccoli lord da esibire alle cene, capaci di fare il baciamano alle signore, per poi raccontare agli amici, masticando il chewing gum a bocca aperta, che “mio figlio ha aiutato una vecchia con la gobba ad attraversare le strada”, battendosi le mani sulle cosce per divertimento. Da dov’è uscito un figlio così beneducato, che dice per favore, grazie, buonasera, che non alza mai la voce, che aiuta il compagno malato a portare lo zaino?, si entusiasmano finalmente, ma con un po’ di sospetto, i genitori-zulù, con il telefono sempre sul tavolo, le dita spesso nel naso, un grugnito al posto di buonasera, specializzati nello sgridare duramente soltanto i figli degli altri, capaci di mettere tutta la faccia dentro gli spaghetti per risparmiare energie a pranzo, e esperti nel prendere a gomitate le donne incinte per avanzare nella fila al cinema. Da dov’è uscito, ammamma, e perché adesso non tiri un calcio a quel compagno che ti ha rubato la merenda? Sei diventato una mammoletta per caso?

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.