L'insécurité culturelle
Parigi. “Accanto all’insicurezza economica e sociale, legata alla disoccupazione e alla crisi in cui versa la Francia, esiste un’insicurezza che è percepita o vissuta dai cittadini francesi, a seconda delle situazioni, in ragione dei possibili mutamenti del ‘mode de vie’, degli usi e costumi, della maniera in cui le persone possono sentirsi appartenenti a una società e dell’organizzazione delle relazioni tra gli uomini e le donne all’interno di questa stessa società: è l’insicurezza culturale”. Laurent Bouvet, professore di Scienze politiche all’Université de Versailles Saint-Quentin, è uno dei più stimati politologi francesi, nonché il primo a mettere in evidenza la dimensione culturale della progressiva perdita di egemonia della gauche. Lo ha fatto ben prima della sconfitta rimediata dai socialisti domenica scorsa, al primo turno delle elezioni regionali, con un saggio, “L’insécurité culturelle” (Fayard), che spiega perché accanto all’angoscia di veder messo in discussione il proprio tenore di vita per la globalizzazione esiste anche un’angoscia identitaria ben più pronunciata, e esacerbata dall’avanzata dell’islam.
“Le questioni legate all’identità, alle frontiere, all’immigrazione e all’islam spiegano il successo del Front national molto meglio della crisi economica e sociale”, dice al Foglio Bouvet. “Sul campo economico e su quello sociale i cittadini sono convinti che i problemi di uguaglianza e disoccupazione non possono più essere risolti dal Ps e dai Républicains. C’è una grande sfiducia nella classe politica attuale, da destra e sinistra, senza eccezioni. Dall’altro lato, c’è la convinzione da parte degli elettori che hanno votato Fn, che si può agire sulle questioni identitarie e culturali, che si può chiudere la frontiera all’immigrazione.
“E interdire il velo. Insomma, che esiste un mezzo per agire senza attendere l’accordo dell’Europa sulle frontiere e sulla crisi migratoria. Con il Fn, c’è la possibilità di definire un’identità comune ed è questo il principale motivo del suo successo”. Molti osservatori, in Francia e non solo, sottolineano il fatto che la gauche non sta solo perdendo l’egemonia politica, ma anche quella culturale. “Non la sta perdendo. La gauche l’ha già persa l’egemonia culturale. Ha abbandonato il popolo per concentrarsi su delle categorie particolari, sulle minoranze, sui cosiddetti ‘dominati’, ha abbandonato le questioni di classe in senso generale, staccandosi completamente da una parte della società. L’egemonia culturale non passa solo dalla capacità di padroneggiare un discorso, ma anche dalla capacità di stringere un legame con il popolo”, spiega al Foglio Bouvet. “La gauche è divenuta multiculturalista, utilizza le questioni di identità unicamente per le minoranze, e rifiuta le questioni di identità quando si tratta dei francesi autoctoni, bianchi, eterosessuali. Ha perso un intero elettorato, così come dei concetti importanti per il popolo come la nazione, la bandiera francese, e la laicità, tutti recuperati dal Fn”.
[**Video_box_2**]Sul viale del tramonto sembra essere finito anche l’intellettuale di sinistra, engagé. “C’è una crisi generale dell’intellettuale nel senso classico che interviene nel dibattito pubblico e si impegna politicamente”, dice Bouvet. “È una crisi legata a diversi fenomeni e a due in particolare: da una parte non ci sono più i blocchi ideologici di una volta, per i quali ci si impegnava in maniera chiara e netta, dall’altra nei milieu universitari c’è un ripiegamento degli intellettuali, una forte autoreferenzialità e le persone che si esprimono nel dibattito pubblico sono mal viste nel mondo accademico”. Gli ultimi intellettuali di sinistra rimasti in circolazione sembrano sempre più spesso preferire la denuncia, la demonizzazione o la ridicolizzazione dell’avversario, al dibattito sul piano delle idee. “Io l’ho definita ‘gauche inquisitrice’. Dinanzi alla perdita dell’egemonia culturale, a un popolo sempre più distante, alla perdita del potere intellettuale, c’è stato da parte della gauche un inasprimento considerevole delle sue posizioni. Passa il suo tempo a dire agli altri ciò che è Buono e Giusto, ciò che va nel senso del Progresso. Intellettuali, universitari e giornalisti continuano a pensare di essere depositari della Verità perché stanno a sinistra, e chi non la pensa allo stesso modo è additato come reazionario, fascista, lepenista. C’è una trasformazione del campo intellettuale di sinistra in un tribunale dell’inquisizione. È la deriva totale di chi ha perso la battaglia delle idee”.