Franceschini lasci stare gli inediti e faccia come i francesi con le serie tv
Avevamo quasi dimenticato la “biblioteca degli inediti” auspicata lo scorso giugno dal ministro della Cultura Dario Franceschini. La dizione esatta sarebbe dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, che in sigla fa MiBACT. Da scrittore, è nella posizione giusta per capire che, parafrasando Carlo Emilio Gadda - “non tutti i verbi italiani tollerano di essere coniugati in tutti i tempi e in tutti i modi”, scriveva nelle sue “Norme per la redazione di un testo radiofonico” – non tutti gli acronimi suonano bene come FIAT.
Avevamo dimenticato la modesta proposta, e il disastro che ne potrebbe derivare. Sicuramente Dario Franceschini non ha tempo di leggere tanti romanzi pubblicati – almeno: non quanti noi ne leggiamo per mestiere. In caso contrario, si sarebbe reso conto che, vista la qualità dei romanzi editi, andare a sfruculiare gli inediti sarebbe una catastrofe di proporzioni colossali. (E poi, sì, certo, in qualità di ministro della Cultura dovrebbe essergli giunta voce che a Pieve Santo Stefano esiste un Archivio Diaristico Nazionale fondato nel 1984 da Saverio Tutino, ricco al momento di tremila inediti: non di gente che sfodera velleità da romanziere, ma di gente che ha qualcosa da raccontare).
Abbiamo ricordato la sciagurata “biblioteca degli inediti” leggendo sui giornali francesi che il ministro francese della Cultura Fleur Pellerin – suvvia, “Ministra” fa ridere – ha incaricato Laurence Herszberg, direttrice a Parigi del Forum des Images e del festival Séries Mania, di studiare un festival dedicato alle serie tv. Tempo a disposizione, un paio di mesi. Meno dello stretto necessario per studiare la fattibilità di una manifestazione che intende proporsi come la controparte di Cannes per le lunghe narrazioni.
[**Video_box_2**]Altro che inediti, da conservare gelosamente scatenando la “libido scrivendi” in un paese dove già tutti hanno un romanzo nel cassetto. I francesi avranno mille difetti, oltre a migliaia di intellettuali che si vantano di non guardare la tv. Ma al ministero della Cultura sanno che esistono le serie – scritte meglio del 90 per cento dei romanzi editi, e c’è anche il vantaggio di non disboscare l’Amazzonia – e hanno deciso di occuparsene. Dopo aver dedicato le giuste attenzioni al cinema: le opere prime vengono aiutate finanziariamente, ma se poi il film non incassa il regista cambia mestiere. Avendo già i francesi un Mipcom (che sempre a Cannes, in ottobre, è il mercato dove si annunciano e si vendono i programmi tv) e appunto Séries Mania (che si tiene in aprile a Parigi e presenta serie provenienti da tutto il mondo), è evidente che il ministro punta in alto. Non ha paura di sconvolgere equilibri consolidati. Neppure di dare uno schiaffetto al Festival di Cannes, che cinque anni fa rifiutò di accettare in concorso la serie “Carlos” diretta dal pur raccomandatissimo Olivier Assayas.