"Così i palestinesi hanno ucciso mio fratello"
È un eco di travagli e diatribe che anche Marcelo ha avuto con Eduardo, quando il fratello ha deciso prima di farsi religioso osservante e poi di andare in Israele. “Si interposero tra di noi vari inconvenienti”, ricorda. “Gli costava molto venire a casa mia perché io, sebbene rispetti tutte le regole della mia tribù, ne osservo molto poche. Inoltre ci furono discussioni filosofiche ed esistenziali. Ma a un certo punto scoprii una frase che ci ha unito per il resto della nostra relazione: incontriamoci dove ci possiamo incontrare”. Di “Edu”, devoto ma non estremista, Marcelo ricorda: “Mio fratello è morto accoltellato, sebbene tentasse di fare la pace. Lo faceva nell’unica maniera possibile, insegnando i dieci comandamenti: non uccidere, non mentire, non rubare. Per questo gli idolatri lo hanno ucciso”.
[**Video_box_2**]Dopo la morte del fratello, ovviamente, la testimonianza del famoso scrittore è stata sollecitata dai media. Ma lui ha deciso di prendersi una pausa di riflessione di una settimana, prima di scrivere per Clarín un ricordo di Edu che è anche una protesta e una lettera aperta. “I due terroristi palestinesi sono stati disposti e dare le proprie vite pur di uccidere un ebreo disarmato, a tradimento”, è la conclusione. “Eguale ai nazisti, che quando i russi avanzavano sulla Germania, alla fine della guerra, spazzando via tutto, preferivano continuare a uccidere ebrei piuttosto che fuggire. Indipendentemente da questi assassini islamofascisti, che non sono in relazione con alcun conflitto territoriale, continuo a credere che la miglior soluzione per il conflitto dei palestinesi con gli israeliani è che la leadership e la popolazione palestinese accettino l’esistenza dello stato ebraico, e per la prima volta accettino e costruiscano uno stato palestinese. Che i leader palestinesi neutralizzino gli assassini palestinesi invece di incoraggiarli. Da ciò dipende la pace”.