Lettera a quello "stronzo" che ha vinto la Lotteria Italia
Ti immagino a poche centinaia di chilometri di distanza con l’aria tronfia di chi s’è sistemato per sempre alla faccia mia, con l’unica consolazione che anche domani mattina, milionario o no, ti sveglierai a Veronella, e comunque ti odio. Come ogni sette di gennaio, io ti odio. Nonostante Veronella, ti odio. Traccio una linea tra la brioche integrale un po’ triste che sto consumando mentre scrivo, solitario, e piove, e il tuo trionfo di pastarelle offerte agli amici in piazza, al sole, nel pieno di una specie d’estate dell’anima, tu eroe cittadino, a rifiutare interviste, io qui a respirare lo smog, malmostoso e scoglionato come si addice a una specie di enorme lunedì che è anche questo sette di gennaio, e mi viene da chiederti: che cosa farai oggi a Veronella, tu, vincitore del Primo Premio della Lotteria Italia, in questo Comune veneto di nemmeno cinquemila abitanti, di cui uno solo con un culo mostruoso? Avanzerai in famiglia l’ipotesi di una nuova vita o forse attuerai una scelta di basso profilo, per sfuggire agli strali dell’invidia? Sappi che la mia è già in viaggio e spero ti conduca a investimenti finanziari sbagliati, a bolle cinesi, ad acquisti incauti, a incontri allucinatori con assicuratori pedanti e instancabili. Io non ti voglio bene e chi te ne vuole o porta il tuo stesso cognome in una linea parentale di primissimo grado oppure mente; forse perfino Flavio Insinna ti esecra, perché se non altro a lui, per arrivare a certe cifre milionarie, gli tocca di fare il cretino, mettere parrucche inquietanti, unirsi a balletti lascivi con casalinghe di Orgosolo, e questo ogni santo giorno della sua vita; invece tu che hai fatto, caro vincitore del Primo Premio della Lotteria Italia?
Hai premuto il freno al momento giusto - io, giuro, non ci posso pensare - hai messo la freccia, hai scalato marcia e poi hai fermanto la tua auto che oggi, ne sono convinto, già ti sembra obsoleta come mai prima, in qualche desolata area di sosta dell’A1 o nel bar dietro casa, quello con le sedie di plastica fuori e gli ombrelloni griffati “Algida”, con una voglia inspiegabile di Focaccelle del Mulino Bianco, e già che c’eri, magari per fare quadrato col resto in monete, hai comprato il tagliando giusto, proprio quello giusto, numero G050111, semmai pure con aria annoiata, ché quelli come te - è come se ti potessi vedere - pare sempre che ti stanno facendo un favore. E dove l’hai messo? Nel portafoglio? Nel vano porta-oggetti dell’auto? Ci credevi? L’hai fatto davvero pensando che avresti potuto vincere? Hai pensato sul serio che affidare alla sorte il tuo futuro potesse avere senso? L’avevi già fatto? Ti dispiace se mi metto a sperare che tu sia uno di quelli che si è rovinato la vita al videopoker?
[**Video_box_2**]Ti odio: ti esalti per Giovanni Allevi o i Negramaro, lo so, e ridi alle battute dei comici toscani; il tuo concetto di cinema d’autore arriva all’ultimo Vanzina. Rimpiangi con nostalgia Pino Daniele anche se non l’hai mai sentito, ti addolori più o meno per tutti i “morti famosi” e lo scrivi su Facebook perché ti piace sentirti parte di qualcosa di “giusto”. Hai detto la tua sulla maggior parte dei fatti di cronaca recente, sei stato Charlie Hebdo e sei stato “Paris”, sul pianerottolo hai uno zerbino con la scritta “Home Sweet Home” e naturalmente a Natale ti è sembrato normale regalare dei coniglietti Thun. Forse leggerai queste righe già avvolto in un accappatoio bianco ospite di un Relais & Chateux in Franciacorta e l’ingenuo pensiero che cinque milioni di euro possano bastare a renderti migliore di me potrebbe attraversarti, ma sappi che ti sbagli, stronzo.
Universalismo individualistico