Il corpo fluido del Duca che se ne va in Cielo anche senza il family day
Cees Nooteboom la tomba di Oscar Wilde l’aveva trovata come per caso, in un viale laterale tra gli alberi del Père-Lachaise, e l’aveva trovata coperta di baci impressi col rossetto. Perché la tomba di uno dei più religiosi e cattolici poeti del tempo moderno porta impresso nel suo destino di marmo anche di essere la tomba di una figurina o immaginetta trasgressiva, l’omosessuale innamorato e castigato e tormentato dalle leggi e da Dio nel suo amore che non si può dire. Chissà cosa troverebbe tra cent’anni un altro poeta come Nooteboom, pellegrinando per altre “Tumbas” (è il titolo del libro di Nooteboom, “Tombe di poeti e pensatori”, Iperborea), arrivando su quella di David Bowie.
Di Bowie che ha ribaltato la sua immagine nel tempo fino a finirla quasi in gloria, gloria Dei, in lotta come Giacobbe con il suo angelo, fino all’ultimo tweet di Iman, “la lotta è vera, ma così è Dio”. Bowie che ha costruito di sé e per sé – dunque desiderabile per tutti – un’immagine multipla e un’identità non sobria, barocca. La fluidità sessuale prima che andasse di moda, o che qualcuno ne elaborasse il concetto alla portata musicale delle masse. Una scelta, un gioco o un’ironia che fosse, ma che in ogni caso non c’entrava nulla, ma proprio più nulla, con le distinzioni e le classificazioni, con le tassonomie etiche e sessuali di un’epoca religiosa passata e della sua mistica rigida dei corpi. Niente più angeli o soltanto angeli, con il loro sesso indeciso. Angie la prima moglie ricorda sempre (si chiama rancore) che lo beccò con Mick Jagger; Slash, ex chitarrista dei Guns’n Roses, ricorda (senza rancori) che lo beccò con sua madre. Sono fluide, le generazioni del rock. Poi un giorno lui ha raccontato di non essere mai stato gay, poi un giorno si è sposato in chiesa, nella chiesa episcopale americana di Saint James a Firenze, ed è rimasto sposato a Iman per ventitré anni, poi un giorno ha detto che “stare con una sola donna è una incredibile fonte di conforto. La monogamia è molto, molto piacevole”. Poi un giorno ha detto a Rolling Stone di avere trovato la fede in Dio, “nelle sue mani metto ogni giorno la mia vita. Prego tutte le mattine”, poi un giorno ha detto alla Radio Vaticana “più invecchio e più Lui diventa un punto di riferimento”. Poi alla fine ha fatto una canzone su Lazzaro, e un video in cui si offre come in un transi medievale, quelle sculture che rappresentavano i corpi nel loro disfarsi finale, nel transito dal mondo dei vivi al Regno dei Cieli.
[**Video_box_2**]Però c’è qualcosa che non torna, o che sa un po’ di barzelletta, nell’aggiornamento rock della consueta agiografia del battesimo del morto, perché si manda mai nessuno in Paradiso a dispetto dei santi. O per meglio dire per meriti di ritrovata aderenza alla propria identità sessuale e condizione maritale. Chi siamo noi per dubitare che in Paradiso il Duca ci vada davvero?, e sarà morto in grazia più di quanto accada a tanti di noi. Ma non è nemmeno questo l’aspetto che conta. Incuriosisce invece questo ribaltamento un po’ maldestro in cui la rockstar che era stata il diavolo e il disincantato antesignano di tutte le rivoluzioni, di tutti i rivolgimenti del senso e persino dei sensi, adesso rischia di finire sepolto tra i baci al rossetto di buone mogli e di retti mariti. Il fatto è che le anime religiose – insomma la chiesa, anche quella anglicana d’appartenenza di Bowie, come ricordava martedì Willie Ward a proposito delle commosse parole del primate di Canterbury – sono alle prese con la domanda senza risposte su come arginare la deriva dei sessi e dei generi, delle famiglie e dei matrimoni. Perché con la deriva dei sessi non si è felici e si va diritti all’inferno, e questo va bene. Però invece gli tocca registrare un cambiamento di tempo ormai avvenuto, per cui sarà vero che non si va in cielo a dispetto dei santi, ma David Bowie ci dice che ci si può andare a dispetto della vecchia doxologia dell’eros e anche a dispetto del sesso degli angeli, senza passare dal family day.