La fatwa è una questione femminista
Una delle sorprese della mia vita, ha scritto Sarah Baxter, vicedirettore del Sunday Times, è la riluttanza delle femministe. Così attente agli episodi quotidiani di discriminazione, così distratte riguardo “al gap culturale con l’islam”. Sarah Baxter si riferiva, domenica scorsa sul suo giornale, agli assalti di Colonia: in queste ore le denunce sono aumentate, cinquecentosedici donne hanno dichiarato di essere state aggredite la notte di Capodanno, il ministro della Giustizia tedesco ha parlato di una “forma di organizzazione” dentro le violenze, ma parlarne è ancora difficile. “Le società guidate da uomini che coprono le donne in sudari, le lapidano per adulterio e mutilano le loro parti intime erano aborrite dalle femministe, ma la paura di essere chiamate razziste sta annebbiando i loro giudizi”, ha scritto Sarah Baxter. La paura di essere definiti razzisti o islamofobi potrebbe forse portarci a definire un assalto del genere, da parte di uomini “dall’aspetto arabo e nordafricano” a cinquecento donne che stavano festeggiando, come per niente significativo dal punto di vista culturale, per niente nuovo (nella sua tribalità) in ciò che rappresenta e minaccia per le donne? Davvero la legge del deserto non è diversa dalla nostra?
Il Sunday Times ha ricordato, nei dettagli, lo stupro di Lara Logan, corrispondente di guerra per la Cbs, in piazza Tahir nel 2011, al culmine della Primavera araba. Lei, che è rimasta viva per raccontarlo, era stata assalita da un gruppo di uomini: “Prima ancora di capire che cosa mi stava succedendo, ho sentito le mani afferrarmi i seni, e il cavallo dei pantaloni. Credo che la mia camicia e il mio maglione siano stati completamente strappati. Avevo la maglietta intorno al collo. Ho sentito il momomento in cui mi hanno strappato il reggiseno, e poi i pantaloni”. Era certa di stare morendo. “Le loro mani mi violentavano”, ha detto poi, ma sono state usate anche aste di bandiere e bastoni. Miracolosamente, Lara Logan è stata salvata da una donna velata.
[**Video_box_2**]Lara Logan quel giorno in piazza Tahir, stava per essere uccisa da un branco di uomini che applicava la legge dell’orrore festante, che voleva sottomettere e annientare una donna occidentale, bionda, moderna, ed è stata salvata da un’altra donna, coperta dalla testa ai piedi di nero. Le donne salvate dalle donne, appunto. Che cosa stiamo facendo noi, in cambio, per queste donne?, si chiede Sarah Baxter. Abbiamo così paura che qualcuno ci dica: sei contro i migranti, sei contro i musulmani, che ci voltiamo dall’altra parte per non guardare. Giustifichiamo, accettiamo la segregazione femminile. Non ascoltiamo le testimonianze delle ragazze di Colonia, che raccontano con precisione di essere state aggredite sessualmente. Elisabeth Badinter, filosofa e femminista francese, ha detto che “la prima reazione delle autorità e dei media agli incidenti di Colonia è stata, subito, difendere l’immagine dei rifugiati e degli stranieri in generale. Non le donne”. Ma anche le donne, le altre donne, pronte a considerare molestia sessuale un fischio per strada, hanno parlato di comportamento primitivo che riguarda tutti gli uomini, sempre, in ogni società: hanno ridimensionato, normalizzato un assalto compatto, spaventoso. Il sindaco di Colonia, Henriette Reker (l’anno scorso, quando era responsabile per la cura dei rifugiati, è stata accoltellata da un tedesco autodefinitosi “xenofobo”) ha consigliato alle donne di stare “a più di un braccio di distanza” dagli sconosciuti, e per questo si è coperta di ridicolo. Ma in fondo ha consigliato alle donne, sbagliando le parole, di cavarsela da sole. Di difendersi da sole perché è difficile che qualcuno arrivi a salvarle. Potrebbe essere l’unica strada, ma serve che le donne stiano sempre, con chiarezza e senza paura, dalla parte delle donne
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