Il “caso Italo” tra libertà di sconto e demonizzazione dell'avversario
C’è una celebre frase, attribuita a Voltaire per errore ma comunque espressiva del suo pensiero (“Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”), che dovrebbe essere tenuta presente in queste ore, mentre nel web infuria una polemica riguardante Italo Treno, “accusato” di avere offerto sconti a chi sabato andrà a Roma per manifestare contro la legge Cirinnà. La società ferroviaria si è difesa sostenendo di avere offerto ai viaggiatori del Family Day le stesse condizioni date ad altri gruppi in manifestazioni analoghe (nel 2014 fece un'offerta analoga per il Pride di Padova, ndr) e ha pure esibito il proprio sostegno alle battaglie a tutela delle minoranze, ma questo non sembra bastare.
Forse esagerava Milton Friedman quando diceva che “market is blind” e che quindi nella vita economica solitamente non è possibile – e neppure conveniente – discriminare sulla base di criteri etnici, religiosi o morali. Talvolta è così, poiché non posso sapere chi abbia effettivamente cooperato alla realizzazione del pc che sto utilizzando: magari una parte dei soldi che mi è costato è andata a persone impegnate in battaglie culturali che detesto, ma non lo so e in fondo non m’importa poiché il computer soddisfa le mie esigenze. In altri casi, però, è facile riconoscere i valori o l’identità di chi sta comprando o vendendo un dato bene e questo significa che anche negli affari siamo talvolta chiamati a fare i conti con i nostri principi e le nostre preferenze.
Italo ha esibito i propri: ha mostrato di non sacrificare le ragioni del profitto d’impresa (e la strategia di marketing scelta a tal fine) quando ha negoziato con i promotori del Family Day; e oltre a ciò ha pensato di restare fedele all’idea di trattare allo stesso modo tutti i clienti, evitando di discriminare un gruppo a favore di un altro.
[**Video_box_2**]Ora spetta ai consumatori compiere le loro scelte. Possono apprezzare o meno il comportamento di Italo non soltanto a partire da una valutazione del costo e della qualità del viaggio, ma anche da tali nuovi elementi. Questo è il mercato: libere scelte per chi produce e lo stesso per chi consuma.
D’altro canto, in una società aperta è accettabile il comportamento di chi non discrimina (come ha fatto Italo) e anche di chi, invece, prende un’altra strada. Esistono vasti arcipelaghi imprenditoriali che si reggono – per ragioni di vario tipo – su rapporti privilegiati e legami extra-economici. E non è neppure detto che questo “tribalismo”, se così vogliamo chiamarlo, sia sempre perdente sul piano dell’efficacia.
L’universalismo di Italo, però, oggi è messo alla gogna muovendo da un presupposto ideologico preoccupante. Un simile attacco è comprensibile solo a partire da una demonizzazione di chi non la pensa come te. Solo se costruisco una rappresentazione dell’altro che lo pone fuori dalla dimensione umana io posso pretendere che nessuno abbia rapporti con lui oppure, come in questo caso, che un’impresa smetta di operare secondo i suoi piani.
L’abbandono di ogni rispetto per le tesi altrui, fino a elevare gogne simboliche per imprese di trasporto che utilizzano normali strategie commerciali, discende da una negazione dell’interlocutore, il quale perde il diritto a far parte del consesso civile e a essere presente nel dibattito. Eppure, solo per fare un esempio, dovremmo tutti essere molto più che perplessi (a dispetto delle nostre idee) di fronte a contestazioni, ad esempio, nei riguardi di un editore solo perché fa sconti agli acquirenti dell’opera omnia di Karl Marx...
In definitiva, nessuno chiede ai fautori del matrimonio gay di battersi fino alla morte (volterrianamente) affinché quanti credono nella famiglia tradizionale possano esprimersi e andare in piazza. L’eroismo è per pochi, non c’è dubbio, ma sarebbe bene astenersi dal chiedere alle imprese di non fare il loro mestiere.