In difesa di Barbara D'Urso, che non può fare quello che Fazio continua a fare
Fabio Fazio e Barbara D’Urso non hanno molte cose in comune, il primo è il titolare del salotto del ceto medio riflessivo e della borghesia radical chic mentre la seconda è la regina della tv nazionalpopolare e anche un po’ trash. La profonda differenza socio-culturale tra i due non può essere sintetizzata meglio di come ha fatto il Checco Zalone in versione Gramellini ospite a “Che tempo che fa”: da Fazio si dice “sinossi” e dalla D’Urso “riassunto”, su Rai3 si dice “letizia” e su Canale5 “figa”. Ma la diversità tra i due conduttori, oltre che nello stile e nei differenti pubblici, sta anche nel trattamento riservato dalla massima istituzione del giornalismo: uno è coccolato e l’altra perseguitata.
E’ successo che Fazio, l’avrete visto in questi giorni in televisione, ha prestato (si fa per dire) il suo volto per uno spot della Tim. La cosa ha sollevato una piccola polemica, per il fatto che Fazio era iscritto come pubblicista all’Ordine dei giornalisti, la cui carta dei doveri proibisce ai giornalisti di fare spot pubblicitari retribuiti a fini commerciali. Il conduttore ligure, sapendo dell’incompatibilità, aveva chiesto un parere preventivo all’ordine e non avendo ricevuto una risposta ha tagliato la testa al toro chiedendo la sua cancellazione dall’albo per evitare strascichi polemici e sanzioni.
Questione risolta. Non proprio, perché, come ha ricordato Filippo Facci su Libero, ora Fazio non potrebbe più condurre “Che tempo che fa”, “a meno che non decida di accompagnarsi con un giornalista di sostegno” nelle sue interviste. Il precedente è proprio quello della Barbara nazionale, denunciata poco più di un anno fa dal presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino per esercizio abusivo della professione giornalistica in quanto “la signora D’Urso pur non essendo iscritta all’Albo dei giornalisti compie sistematicamente un’attività (l’intervista) individuata come specifica della professione giornalistica, senza esserne titolata e senza rispettare le regole”. La D’Urso venne denunciata a due Procure della Repubblica, all’Agcom, al Garante per la protezione dei dati personali e al Comitato Media e minori. Per gli stessi motivi la regina di Canale5 venne denunciata un’altra volta, pochi mesi dopo e sempre da Iacopino, al Garante della privacy. “Non agiremo solo nei suoi confronti”, scriveva Iacopino in un post dal titolo “Soubrette e informazione” che avrebbe dovuto dare il via alla lotta senza quartiere agli abusivi dell’intervista.
In realtà questa campagna medievale che vorrebbe riservare solo agli iscritti a un albo il diritto di fare domande in televisione non è stata altro che una battaglia contra personam, che ha avuto come unico obiettivo la povera Barbara D’Urso, tra l’altro accusata in maniera totalmente illogica di non rispettare le “regole deontologiche che impongono precisi doveri ai giornalisti” e al contempo di non essere giornalista. Ma se non è giornalista e non rispetta le regole dei giornalisti, quindi non si finge tale, dove sarebbe l’esercizio abusivo della professione di Barbara D’Urso?
[**Video_box_2**]Un’accusa senza senso, da cui però è stato risparmiato il “soubretto” Fabio Fazio, che in questo weekend ha fatto le sue consuete interviste a “Che tempo che fa” da non iscritto all’ordine e senza “giornalista di sostegno”, come indicava Facci. Naturalmente nessuno chiede all’Ordine di presentare contro Fazio una denuncia simile a quella scagliata contro la D’Urso e che a un’ingiustizia se ne sommi un’altra. E’ solo l’occasione per ricordare che oltre a richiedere il rispetto di regole liberticide e fuori tempo, l’Odg lo fa in maniera del tutto arbitraria e anche un po’ sessista, trattando le soubrette in maniera diversa dai soubretti. E per ricordare che l’Ordine dei giornalisti potrebbe essere abolito anche domani mattina e nessuno ne sentirebbe la mancanza.