Wc Gender
Se le donne ancora non governano il mondo è perché nei bagni femminili c’è sempre la fila, una fila enorme a qualunque ora: signore con la borsetta in mano decise a fare con calma, anche nei ristoranti deserti, anche nei cinema vuoti. Sembravano luoghi frequentati solo da maschi, ma si scopre che tutte le donne erano in fila al bagno. In quelli degli uomini invece, porte aperte, profondissima quiete, mai un minuto di attesa, la possibilità di fare telefonate private e truccarsi senza venti paia di occhi addosso.
Così, quando lo scorso dicembre Hillary Clinton è arrivata in ritardo sul palco al debate democratico, a causa del bagno per le signore non immediatamente libero, il New York Times ha intitolato l’editoriale: the Year of the Toilet. E adesso il New Yorker si interroga sulla possibilità di bagni pubblici neutri (o almeno bagni in cui chiunque possa scegliere chi si sente di essere, scegliere la figurina che sente più vicina a sé). Perché nel momento in cui il mondo va verso una moderna neutralità, il bagno pubblico sembra essere rimasto l’ultimo baluardo della differenza sociale di genere: una donna con la gonna, un uomo con i pantaloni, oppure elaborati ritratti di damine dell’Ottocento e di cowboy con la pistola, o anche maialino rosa con le ciglia lunghe e maialino rosa senza ciglia lunghe: come ci si sente, dal punto di vista della dignità, a stare in fila venti minuti davanti a un maialino rosa? “Quando uomini, gay o etero, possono stare tranquillamente fianco a fianco negli orinatoi, perché donne e uomini non possono dividere lo stesso bagno, soprattutto se le cabine chiuse li proteggono dagli sguardi?”, scrive il New Yorker. E perché Hillary Clinton non è andata nel bagno degli uomini, per dimostrare di essere pronta a guidare gli Stati Uniti senza perdere tempo in file? In India, ad esempio, c’è una proposta di legge per considerare un reato l’ingresso in un bagno che non corrisponda al proprio “genere biologico”, e c’è sempre questa linea sottile che separa la giustizia dal ridicolo. Perché tutti vogliono andare nei bagni delle donne, anche in ufficio, e sono disposti a qualunque sotterfugio o fila per ottenere il via libera. Padri accompagnano figlie troppo piccole per andare da sole, chiedendo mille volte scusa, ma evidentemente felici di avere conquistato l’ingresso a un luogo ambito, in cui non c’è il problema della tavoletta del water. Altri fingono di essersi sbagliati, ma comunque si attardano beatamente davanti allo specchio, con le mani sotto il getto caldo dell’asciugatore. Solo qualche donna particolarmente coraggiosa e sprezzante del pericolo vaiolo è disposta, invece, a saltare la fila entrando nel deserto posto degli uomini, con i numeri di telefono scritti sulle porte e una strana, cupa aria di fine mondo.
Non si tratta di segregazione di genere, quindi, ma di opportunità. Donald Trump, candidato repubblicano alle primarie americane, ha detto che non voleva pensare alle cose “disgusting” che Hillary Clinton stava facendo nel bagno delle donne (tre mogli, cinque figli, ma il senso dell’umorismo dei maschi in prima media). In questa fuga dal disgusto, la fila davanti al bagno delle signore non farà che aumentare.