Carlo Conti (foto LaPresse)

Carlo Conti, il conduttore che conquista popolarità in stile Balena Bianca

Micol Treves
Classe 1961, fiorentino, prima dietro lo sportello bancario e solo poi davanti alle telecamere. Ecco come il front runner di Sanremo si è conquistato la sua robusta popolarità, senza far strappare i capelli a nessuno e dispiacendo pure a certi critici
L’unica cosa che non ha ancora fatto? Il telegiornale. E non è detto che non lo farà.
 

Carlo Conti, di autentiche origini etrusche, è uno degli uomini della rete ammiraglia. Da sempre. Ha contribuito a farla grande e grassa (di ascolti) con i suoi varietà. Classe 1961, nasce a Firenze dove vive. E vegeta. Uomo di gavetta vera, comincia la carriera nelle radio private fiorentine dove sancisce il sodalizio con Giorgio Panariello, già suo compagno di scuola e Leonardo Pieraccioni: con loro formerà il fortunato trio “I fratelli d’Italia”.

 

A dirla tutta, Carlo è ragioniere prima. Bancario, poi. Ruoli che non tributano evidentemente giustizia al suo estro. Ecco quindi, il giovane Conti abbandonare temerario le certezze per dedicarsi all’arte. Il passo è breve dalle radio alla televisione: comincia il carrierone.

 

Uomo dalla professionalità indiscussa e dalle doti certe, intrattenitore composto, mai una sbavatura. Allergico alle polemiche, fan dell’intrattenimento puro votato a se stesso entra velocemente nei cuori e nei televisori degli italiani, che imparano a conoscerlo e ad apprezzarlo. Si fidano. I suoi sono prodotti sicuri da pubblico servizio. Sartoriali.

 

E, seppure il nostro sia certamente uomo popolare come spiegato, va detto: non piace a tutti. O meglio, piace a molti ma senza eccessi. Pacati i detrattori, pacati i sostenitori. Nessuno si strappa i capelli, per dirla semplice. Anzi, a dir la verità i capelli qualcuno se li stacca (o almeno se li tira in moto di protesta). Di chi stiamo parlando? Del critico televisivo nostrano per antonomasia, opinionista sommo del Corriere della Sera. Signore e signori: Grasso Aldo. Che a più riprese con Carlo se l’è presa. E neanche poco. Dal 2009 a oggi è stato un can can di critiche piovute a scroscio sullo showman. E i suoi show. Un sussurro “a fil di rete” che, negli anni, si è fatto grido. Era il 2009. Da principio fu un perplesso: “E’ diventato il conduttore principale della più importante rete televisiva italiana e non si capisce il perché”. E giù con caustica ironia a rimembrarne le origini da ragioniere, dunque rievocare arcinoti clichet sulla mediocrità necessaria per svolgere tale professione (del ragioniere, s’intende).

 

Passa qualche tempo e il critico per eccellenza di placarsi non ci pensa proprio. E rincara la dose (non senza indomabile soddisfazione), più che mai motivato dalla conduzione sanremese del presentatore toscano, dell’anno scorso: «Un onesto impiegato dello spettacolo», lo definisce. «Senza offesa», aggiunge. Ci mancherebbe. "A questo Sanremo si respira molto l’aria di “Tale e quale”, della tradizione che non tradisce, della professionalità, ormai più favola che sostanza. E’ la Rai che non muore mai, dove c’è tutto e il contrario di tutto, senza conflittualità, con molta normalità". Boom.

 

Conti non replica. In ottimo stile democristiano. Nessun colpo al cerchio, nessun calcio alla botte. Tanto Sanremo lo conduce lui. E quest’anno bissa pure (tripletta per la direzione artistica blindata fino al 2017, incluso), in un’epoca per nulla semplice in quanto a polemiche. Che poi si sa, sono loro il balsamo per il festival e suoi ascolti, ma a Carlo nostro tocca sempre l’ingrato ruolo di paciere. Che tanto gli viene bene. Diluviano proteste sulla kermesse che, in zona rossa Cirinnà, inivita Elton John sul suo palco. E consorte in platea.

 

[**Video_box_2**]Eppure Carlo impone l’ordine in modo composto ed esemplare e dribbla con nonchalance istituzionale le domande scomode. Come solo lui sa fare. Come ci si aspetta. Con l’appoggio di @Giankaleone, suo direttore di rete (in scadenza) che, giusto ieri alla conferenza stampa di presentazione del Festival che freme per aprire le danze e dar microfoni alle ugole (questa sera), ha sottolineato: “Cercare polemiche è contrario allo stile di Conti che ha fatto della conduzione super partes uno dei marchi distintivi del suo festival. Elton John è stato invitato in tempi non sospetti e non credo che il dibattito dell’aula parlamentare risentirà della sua presenza qui”. In effetti.

 

Non ci resta che sintonizzarci e guardare. Anzi: ascoltare. Nella certezza che Carlo (Magno) saprà concludere l’impresa con successo. Anche questa volta.