Come ti sbatto il trans in prima pagina. Playboy e il nuovo oscurantismo sessuale
Dalla copertina del nuovo numero di Playboy Italia esonda la conturbante bellezza di Vittoria Schisano, ex Giuseppe, primo transgender a posare per la rivista. Sul sito, sotto la galleria delle immagini che non ritraggono coste turche o siriane bensì fanciulle in età da stage, è scritto: #loleggopergliarticoli. Le due cose, unite insieme, ci spingono a considerare l’ipotesi che Playboy stia diventando rivista ‘di movimento’. Perché se fosse quello di una volta, con le conigliette nude che ammiccavano ai lettori sessisti e mattacchioni (una categoria di consumatori che fino a pochi, fortunati anni fa era importante - oltre che legittimo - non perdere) farebbe ridere, come facevano ridere i maschietti che sentenziavano, sornioni e furbetti, di guardare, in una donna, prima di tutto gli occhi.
Invece, quella di Playboy non è una battuta maliziosa, ma il fenomeno di una nuova estetica (chiamarla linea editoriale ridurrebbe il tutto a un'operazione commerciale, mentre si tratta di pratica etica): la rivista, ormai da diversi mesi, evita i nudi e punta ai contenuti. Prende posizione, inquisisce, abolisce i tabù e ne disserta (prima lo faceva piazzando un culetto in copertina, ora lo fa parlandone) ed è per questo che Playboy non si sfoglia più per curiosare l'anatomia femminile, illudersi che la cellulite non sia di questo mondo, che l'adolescenza sia lo scotto da pagare per entrare nell'età adulta, dove le donne sono tutte angeliche creature disposte a iniettare piacere nelle vite degli altri. #leggendopergliarticoli, scopriamo che "non è un bisturi a renderti donna, lo sei innanzitutto nella tua anima" (lo ha dichiarato Vittoria Schisano, in esclusiva). Volendo l'umanità liberarsi dalla malsana inferenza per cui avere un corpo di donna sia una ragione unica e sufficiente per essere una donna, Playboy presta il fianco a questa battaglia di emancipazione culturale, negando come aberrazione distraente e regressione preistorica la nudità femminile e sostituendo le donne con le transessuali, che forse sono più femmine delle prime, almeno là dove conta, e cioè nell'anima. Censurare le tette naturali è progresso, censurare quelle artificiali sarebbe vandalismo intellettuale, dittatura, eugenetica, fascismo, omofobia, veterocattolicesimo. "Le conigliette nude sono demodè", disse lo scorso anno Scott Fanders, ceo di Playboy: anche i classici tramontano. La scelta del magazine si inscrive in un processo più vasto di oscurantismo verso il creato che, stavolta, non è colpa della scure femminista (responsabile di cose comunque terrificanti, come la formulazione del peccato – quasi reato di reificazione del corpo delle donne).
[**Video_box_2**]Fa notare il Telegraph, infatti, che il femminismo ha sempre usato il nudo come forma espressiva e, soprattutto, come veicolo della liberazione sessuale. Bandirlo, quindi, non significa affatto andare incontro alle nuove generazioni di donne e allevare uomini che quando le incontreranno in metropolitana non penseranno più, come confessava di fare Woody Allen, a come sarebbe portarsele a letto, ma solo a chi preferirebbero tra Merleau Ponty e Edmund Husserl. Significa, invece, intravedere nel semplice corpo nudo e naturale (prima ancora che nell'erotismo o nella pornografia) una perversione intrinseca, un’impudicizia atavica, più o meno quello che dichiaravano gli inquisitori che condannavano al rogo le streghe, diverso tempo fa. E il modo per coprire l'odore di bruciato che emana questa nuova follia tanto vecchia, non poteva che essere tendere la mano alla fetta di mondo trans, che inizia or ora la sua emancipazione, forse a scapito d'altri e, soprattutto, d'altre.
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