Figli fuorilegge

Annalena Benini
Aver paura di aprire la porta. La Cina raccontata dai bambini che non dovevano nascere. Una generazione di fuorilegge, adesso trentenni, uomini e donne che non dovevano nascere e sono cresciuti nell’ombra e con il terrore dei funzionari che suonavano alle porte delle case, e il sospetto che i vicini facessero la spia.

Ci eravamo abituati a quella frase che arrivava da più di trent’anni dalla Cina: la politica del figlio unico. Dipartimenti di pianificazione famigliare, una legge, l’orrore che ha provocato e la definizione di un’epoca. Ma ci è sfuggito l’impatto che ha avuto su un’intera generazione di figli, nati in segreto dopo gli anni Ottanta. Una generazione di fuorilegge, adesso trentenni, uomini e donne che non dovevano nascere e sono cresciuti nell’ombra e con il terrore dei funzionari che suonavano alle porte delle case, e il sospetto che i vicini facessero la spia. “Senza soldi, come osano fare un altro figlio? E’ contro la legge”, erano i discorsi fra le case, sulla pelle dei bambini, ma soprattutto delle femmine.

 

Su Foreign Policy una di queste ragazze, Karoline Kan, nata nel 1989 come seconda figlia, ha raccontato la sua vita, e quella dei suoi amici. Il terrore che l’espressione “politica di pianificazione delle nascite” provocava nei bambini, in tutti i bambini, perché a volte i funzionari di questi uffici arrivavano e portavano via le donne incinte, per farle abortire, lasciando l’altro figlio piangere alla porta. Oppure andavano a confiscare gli oggetti di valore, il denaro se c’era, e a distruggere il resto. Dove devo nascondermi se vengono a portarmi via? E se mi trovano? “Un giorno, quando avevo circa sei anni, cinque persone dell’ufficio di pianificazione si sono precipitate nella casa della famiglia Zhang e hanno preso tutto e distrutto il tetto”, “Hanno avuto un altro bambino”, le ha spiegato la nonna. I genitori di Karoline pagarono la multa, che corrispondeva al loro reddito di diversi anni, e sua madre, insegnante, quindi pubblico ufficiale, perse il lavoro; ma la compagna di giochi di Karoline, Mengmeng, che un giorno per strada le aveva confidato all’orecchio: mia mamma ha un bambino nella pancia, da un giorno all’altro scomparve, nascosta dalla nonna in un’altra contea. Alle donne che avevano già un figlio veniva messo un anello intrauterino, e ogni due o tre mesi i funzionari le portavano in ospedale per controllare che ci fosse ancora. La madre di Karoline tolse l’anello di nascosto e durante il controllo (una foto a raggi X) indossò un lungo cappotto e mise in tasca, in una certa posizione, un anello di ferro. Il trucco funzionò perfettamente, e anche altri trucchi, come chiedere e ottenere un certificato di handicap per il primo figlio, condizione che permetteva la nascita di un secondo, come risarcimento. I fratelli maggiori guardavano con fastidio questi bambini fuorilegge, clandestini dentro casa, a causa dei quali non potevano andare in vacanza, per i quali dovevano vergognarsi e subire umiliazioni. Ora che dallo scorso ottobre la Cina ha annunciato la fine di un’epoca, Karoline ha provato a contattare i funzionari inflessibili dell’ufficio di pianificazione del suo villaggio, i lupi cattivi della sua infanzia, gli incubi dei bambini fuorilegge che sussultavano se qualcuno bussava alla porta. La sua richiesta è stata respinta ma ha saputo che due di questi funzionari vivono in solitudine e disperazione, hanno perso i loro unici figli.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.