Quanto piace Sanremo alla Russia
E’ stata la Russia che con tre concerti alla Crocus Hall di Mosca nell’ottobre del 2013 ha fatto rimettere assieme Al Bano e Romina Power dopo ben 16 anni dall’ultima esibizione: artistica. Un sodalizio che ha poi continuato nella prima serata del Sanremo 2015.
Un legame forte quello tra la canzone italiana e la Russia se si pensa che oltre ad Albano anche altri gruppi e cantanti italiani si sono esibiti per in auguri di compleanno canori in onore di Vladimir Putin: tra loro Pupo, Ricchi e Poveri, Toto Cotugno e Riccardo Fogli, che è addirittura andato a cantare nella Crimea annessa.
Un amore per la Russia, quello di tanti cantanti melodici nostrani, strettamente legato alla grande passione dei russi per quella nostra tradizione musicale, di cui è proprio Sanremo una delle massime icone internazionali.
Se vogliamo, anzi, la passione dei russi per Sanremo inizia prima del festival. A Sanremo amava passare le vacanze l’ultimo zar Nicola II, imitato in ciò da fior di compatrioti aristocratici e danarosi. Ricordo di quei tempi, c’è la Chiesa di Cristo Salvatore: un luogo di culto ortodosso inaugurato nella città ligure nel 1913, e opera di quell’architetto Aleksej Viktorovič Ščusev che poi sarebbe passato al classicismo sovietico, realizzando varie stazioni della metro di Mosca, ingrandendo quel palazzo della Lubjanka dove aveva sede il Kgb e ricevendo ben quattro Premi Stalin. Ai ricchi russi in vacanza sulla Riviera risale anche l’”insalata russa”: denominazione con cui i cuochi liguri ribattezzarono quella insalata Olivier che era stata creata dall’omonimo chef francese del ristorante Hermitage di Mosca, e a quei i clienti venuto dall’Est erano particolarmente affezionati. Mezzo secolo dopo la Chiesa di Cristo Salvatore, ci fu poi un curioso episodio di coinvolgimento dei russi nel mondo festivaliero italiano con “Napoli contro tutti”: versione 1964-65 di Canzonissima, imperniata su una sfida in nove puntate tra la stessa Napoli e, rispettivamente, Berlino, New York, Londra, Mosca, Vienna, Madrid, Parigi, Rio de Janeiro e Milano. Quattro canzoni napoletane e quattro della città sfidante a ogni gara, scelte tra i classici. Vinse Napoli con “O sole mio”, cantata da Claudio Villa. Ma terzo arrivò il tenore sovietico Anatoli Solovianenko con “Serate a Mosca”: e anni dopo si scoprì che era stato il Pci a dare ordine alle sezioni di votare per il “compagno” cantante.
Altri vent’anni, e nel 1983 l’Unione Sovietica di Andropov decise di trasmettere il Festival di Sanremo. Non in diretta, ma alcune settimane dopo, in modo da evitare sorprese. L’effetto fu comunque dirompente, anche perché da sempre la musica occidentale sui media sovietici era bandita. In molti ritengono che Andropov da ex-capo del Kgb in realtà aveva di prima mano le informazioni sul punto di decomposizione cui il sistema era arrivato e sulla stanchezza della gente, e che dunque sia stato lui il primo ideatore di una riforma che però per la sua morte improvvisa non riuscì a portare a termine, e che sarebbe stato Gorbaciov a ribattezzare “perestrojka”. Un Sanremo in differita, probabilmente, sembrò un primo esperimento di apertura meno impegnativo del rock o del pop anglo-sassoni. Fu in qualche modo che, ancor prima della fine del comunismo, 300 milioni di sovietici poterono sentire Kutunio, alias Toto Cutugno: col suo “L’Italiano” arrivò quinto ma vendette di milioni di copie in tutto il mondo, e viene tuttora celebrato da milioni di fan russi come “il maestro melodico più grande di tutti i tempi”. Quarta arrivò “Vacanze romane” dei Matia Bazar. Penultimo “Una vita spericolata” di Vasco Rossi. Ultimo “Cieli azzurri” di Pupo: altro cantante destinato a diventare in Russia un mito.
[**Video_box_2**]Il successo si ripeté nel 1984. Stavolta il Festival venne trasmesso addirittura cinque mesi dopo: il 20 luglio. E condensato in un’ora, in modo da togliere di mezzo “Nina” di Mario Castelnuovo: una canzone ambientata l’8 settembre del ’43, e che alla censura di un Paese impegnato nella guerra in Afghanistan sembrò fuori luogo. In compenso il primo posto di Al Bano e Romina Power con “Ci sarà” contribuì a lanciare il mito che ha appunto portato ai concerti del 2013. Tra le Nuove Proposte vinse “Terra promessa” di Eros Ramazzotti: altro personaggio destinato a entrare nel mito del cantante italiano romantico.
Nel 1985 arrivò al potere Gorbaciov, mentre vincevano i Ricchi e Poveri. Nel 1986 i Ricchi e Poveri avrebbero appunto fatto in Russia il loro primo tour: 44 concerti con 780,000 spettatori, e il 21 novembre 1986 anche la comparsa in tv.
In quello stesso 1986 la televisione sovietica invitò anche altri personaggi di Sanremo a esibirsi in russo. Memorabile in particolare la traduzione del “Clarinetto” di Renzo Arbore, che era arrivato secondo.
Addirittura metafisici gli sketch del “Compagno Ferrini”, che portarono al pubblico ancora sovietico la caricatura di un comunista filo-sovietico italiano. Il rappresentante di pedalò il cui tormentone era “non capisco ma mi adeguo”. Ancora più metafisico, nel 1999 sarebbe stato proprio il liquidatore dell’Urss Gorbaciov a presentarsi a Sanremo come ospite da Fabio Fazio.
Insomma, un legame di vecchia data, in nome del quale questo Sanremo verrà trasmesso dal primo canale russo in diretta.