Il clone cileno del Festival di Sanremo
Il Festival della canzone Italiana di Sanremo esiste dal 1951, ma è stato brevettato nel 2015. Proprio così: il Comune di Sanremo, l’anno scorso, si è rivolto alla Società italiana brevetti di Milano, e le ha chiesto di tutelare il marchio del Festival. Un particolare che può sembrare aneddotico, soprattutto se si considera che è stato chiesto solo per quattro paesi: Cile, Colombia, Uruguay e Paraguay. Una scelta che rivela come, assieme all’Europa orientale e alla Russia, l’America Latina è l’altra grande area del mondo in cui il Festival di Sanremo è quasi più popolare che da noi. In Italia resta lo spettacolo, ma non è più il grande evento delle hit musicali. E’ in questi paesi, invece, che il Festival fa ancora vendere dischi e soprattutto dove diventa occasione di gloria per cantanti che in Italia ormai sarebbero in pensione, o limitati a qualche sagra di paese o manifestazione di revival. Al di là della documentazione giornalistica, l’autore di queste note basa queste affermazioni anche sull’esperienza diretta di una suocera latino-americana per la quale l’ultima volta che venne a trovarlo dovette masterizzare cinque cd con praticamente tutta la storia musicale di Nicola Di Bari. Col risultato che la figlia ogni tanto si sente pure rinfacciare un “vedi, il mio genero mi vuole più bene di te, mi ha fatto i dischi di Nicola Di Bari!”.
Il Festival di Sanremo è talmente venerato in America Latina che, sebbene la Rai non abbia conservato la registrazione dell’edizione del 1974 (che assieme a quella del 1975 segnò il punto più basso di tutta la manifestazione) ne restano ancora alcuni spezzoni trasmessi da televisioni del sud America, con voce spagnola narrante. Il timore del Comune di Sanremo era dunque che qualcuno organizzasse qualche manifestazione taroccata, in stile parmesan americano. Il bello è che il Festival di Sanremo è stato già clonato. Solo che in qualche modo la copia dell’evento canoro è stata in qualche modo legittimata con il gemellaggio che la manifestazione ligure ha deciso di stabilire col Festival di Viña del Mar.
Cileno come locazione, ma aperto a tutto il mondo, è nato nel 1960 col chiaro modello di Sanremo. Il debito col nostro paese è anche saldato dal particolare che dopo i padroni di casa cileni, a vincere più edizioni sono stati proprio cantanti italiani, anche se da noi restano magari dei perfetti sconosciuti. Nell’albo d’oro le vittorie italiane sono infatti 10, contro le 20 del Cile, 5 a testa tra Spagna e Argentina, 2 di Colombia e Canada, una a testa per Germania, Australia, Costa Rica, Francia, Grecia, Israele, Paesi Bassi, Perù, Repubblica Dominicana e Islanda. Nel 2015 ha vinto ad esempio “Per fortuna”, cantato dal pugliese Michele Cortese.
[**Video_box_2**]Nel 2012 “Grazie a te” della romana Denise Faro. Nel 2010 addirittura una cover del classico “Volare” di Domenico Modugno, eseguita dalla pugliese Simona Galeandro. E nel 2008 “La guerra dei trent’anni”, di un altro pugliese, Domenico Protino.
E che Viña del Mar venga da Sanremo lo ha attestato lo stesso Juan Pablo González, un musicologo cileno i cui titoli accademici sono attestati dalla sua cattedra all’Instituto de Música de la Pontificia Universidad Católica de Chile e dalla presidenza della Rama Latinoamericana de la Asociación Internacional de Estudios de Música Popular, ma la cui immensa popolarità è dovuta al particolare che non ha avuto il timore di contaminare il suo prestigio col fare il giurato di talent show. A lui si deve in particolare un libro che si intitola “Postwar Italian popular music and the New World. The Chilean perspective (1950–1970)” con un capitolo intitolato “L’invasione di San Remo”. Secondo González, le tournée degli anni Cinquanta di Renato Carosone, Teddy Renop e soprattutto Domenico Modugno ebbero “un impatto significativo sulla nascita di un’industria della musica per giovani in Cile”. “Il Festival di Sanremo iniziò ad avere un impatto sull’industria discografica cilena dal 1955 con l’uscita delle versioni italiana, statunitense e cilena delle canzoni in competizione”, tra cui ricorda “Papaveri e papere”, “Grazie dei fiori”, “Vola colomba”, “Aprite le finestre”, ma anche una cover in inglese di “’Na voce, ‘na chitarra e ‘o poco ‘e luna”, intitolata “I Only Know I Love You”. E tra il gennaio e l’aprile del 1964 le prime sei posizioni della hit parade cilena furono egemonizzate da pezzi italiani: “Se mi vuoi lasciare” di Michele, “Esta noche no” di Elsa Quarta, “I Watussi” di Edoardo Vianello, “Adesso no” di Neil Sedanka, “Una lacrima sul viso” di Bobby Solo e “Non ho l’età” di Gigliola Cinquetti.
Fu appunto quel successo a far nascere sia lo spagnolo Festival di Benidorm sia il cileno Festival di Viña del Mar. Inoltre, osserva Juan Pablo González, “Sanremo impose alle canzoni pop un ampio accompagnamento orchestrale, trasferendo alla musica popolare un’altra procedura caratteristica della musica classica. Questo accompagnamento è diventato il sound caratteristico degli arrangiamenti orchestrali dei festival della canzone, come il Festival di Benidorm e il Festival di Viña del Mar”. Insomma, “sotto l’influenza di Sanremo, ‘festival della canzone’ iniziò a diventare sinonimo di ‘canzone pop italiana’”.