La scrittrice Harper Lee in una foto del 1961

L'eterno isolamento di Harper Lee, prigioniera del suo capolavoro

Stefano Pistolini

E' morta a 89 anni l’autrice de “Il buio oltre la siepe”, che offrì una delle più potenti e compiute rappresentazioni della questione razziale negli Stati Uniti. Su quelle pagine è nata la leggenda della scrittrice e il suo diniego alle offerte di tornare a scrivere.

 

Alla fine tutto si ricompone. I turbolenti e forse inconsapevoli ultimi mesi della vita di Harper Lee culminano nella sua scomparsa, avvenuta ieri all’età di 89 anni a Monroeville, nella sua Alabama. Più di mezzo secolo fa il suo “Il buio oltre la siepe” offrì una delle più potenti e compiute rappresentazioni della questione razziale negli Stati Uniti, in particolare nel sud dove erano ancora vive le tensioni legate alla discriminazione. Quel piccolo romanzo, la figura di Attucus Finch con il carisma della sua purezza americana, il candore magnetico di Scout, la ragazzina-alter ego dell’autrice e poi la fortunata trasposizione cinematografica della storia, in un film baciato dalla classicità e dalla sublime interpretazione di Gregory Peck, consegnarono subito quello che era lo scritto d’esordio di un’inquieta, giovane fuggita a New York City insieme all’inseparabile amico Truman Capote, direttamente alle aule di scuola e alle letture obbligate dei liceali americani. Le pagine di quel libro avevano (e hanno) il potere di condurre il lettore per le strade di un paese magnifico e imperfetto, di continuo tradito e riscattato dai suoi cittadini, nella più grande vicenda partecipativa della modernità. Su quelle pagine è nata la leggenda di Harper Lee, del suo isolamento sempre più serrato, del suo diniego alle offerte di tornare a scrivere, di rappresentare un altro spaccato d’America o di volgere ancora lo sguardo sulla sua terra e sui simboli che continuavano ad agitarla. Harper capì che non poteva andare oltre, che il capolavoro non poteva essere replicato, non con la medesima compiutezza. Forse perché, viene da pensare oggi, quella in fondo era la storia che la conteneva interamente, nella quale si rispecchiava e attraverso cui si rappresentava e oltre la quale per lei non c’era altro da dire, se non scortare diligentemente l’amico Truman, per i sopralluoghi del leggendario reportage “A Sangue Freddo”.

 

Di lì in poi, per gli anni che discendono per i settanta, gli ottanta, i novanta, fino a essere dichiarata troppo anziana per scrivere, malandata di salute, con la fissazione della privacy e un giro ristretto di amiche che la proteggevano, abbandonata New York e tornata a rintanarsi in Alabama, Harper Lee è diventata il monumento vivente di se stessa, l’incarnazione del fecondo, nobile Novecento letterario americano, l’impersonificazione di un mondo scomparso, sebbene al centro degli affetti nazionali. L’anno scorso il colpo di scena. La sua avvocatessa, che era anche la curatrice dei suoi interessi e la vigilante dei suoi segreti, se n’esce con la notizia d’aver scovato in un cassetto il manoscritto del libro orginale, da cui solo dopo l’intervento degli editor sarebbe stato ricavato “Il Buio oltre la Siepe”. Il mondo letterario è andato in subbuglio, i pettegolezzi si sono susseguiti finché non è uscito “Va’, metti una sentinella”, che non ha la stessa limpidezza, la visione superiore, la nettezza degli obiettivi del capolavoro. Eppure, per quanto resti opaca la vicenda di cosa sia davvero quel manoscritto e di che parte abbia avuto in ciò l’ormai stanca Harper, nel leggerne le pagine si ha in regalo l’intermittente occasione di rivedere squarci dei quali si era persa la speranza. C’è stato rumore mediatico, un flusso di cattiverie, scetticismo. Probabile che Harper ci avesse visto giusto a chiuderla lì, prigioniera della sua magnifica occasione. Ora alleggerisce della sua presenza fisica quel mondo della cultura americana che non sapeva più come guardarla  e si avvia placidamente alla santificazione. Nelle aule di scuola resta, smagliante come il primo giorno, Atticus Finch, a combattere una battaglia che ha ancora tutte le ragioni di esistere.

 

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