Francesco Totti in panchina durante Juventus-Roma (foto LaPresse)

L'arte di autorottamarsi spiegata (coi fatti) da Totti a Grillo e soci

Alessandro Giuli
La rottamazione migliore è quella che il saggio pratica su di sé, prima che sia tardi, prima di subire l’onta del tradimento, la brutalità della congiura, l’abbandono dei pavidi e la viltà degli indifferenti. Per questo il capitano della Roma è un modello da studiare. Divagazioni su un’intervista del mister Spalletti.

La rottamazione migliore è quella che il saggio pratica su di sé, prima che sia tardi, prima di subire l’onta del tradimento, la brutalità della congiura, l’abbandono dei pavidi e la viltà degli indifferenti; ovvero, semplicemente, la condanna cieca del tempo che non conosce pensa per l’obsolescenza e, quel che è più oltraggioso, la pelosa vicinanza delle anime compassionevoli.
A Francesco Totti non è richiesto di ben conoscere la storia antica della sua città: Furio Camillo, Scipione Africano, Cesare stesso… vicende di condottieri freschi di trionfi ma presto rottamati da Roma in nome di un’impersonalità implacabile, per lo meno finché la decadenza non s’impadronì dell’Urbe. Ma esistono senz’altro esempi più modesti e meglio calibrati al caso nostro, e che tuttavia non vengono in mente così su due piedi; mentre trabocca, sopra tutto in politica, l’inventario di chi non ci sa stare, non se ne fa una ragione. Sulla Stampa di ieri, per dire, si almanaccava ancora sulle responsabilità della caduta di Enrico Letta, sul fatto che sarebbero stati i piccoli pretoriani del dalemismo (rito bersaniano) a cedere sotto la pressione di Matteo Renzi e affondare il pugnale nel collo di Letta Jr. Poco lungimiranti, peraltro, parlandone da vivi.

 

Ecco, al riguardo invece Totti è un modello da studiare. L’intervista con la quale il suo (?) allenatore Luciano Spalletti l’ha musealizzato definitivamente, alla vigilia di Roma-Real Madrid, è suonata di certo più urticante alle orecchie nostre che non a quelle del (fu) Capitano. “Se è difficile tenerlo in panchina? Io alleno la Roma, non solo Totti. Il mio obiettivo primario sono i risultati, e scelgo in funzione di questi, non in funzione della storia di un giocatore. Come è la mia relazione col Capitano? Dal mio punto di vista, perfetta”. E come no… Continua Spalletti: “Francesco è un giocatore che illumina la fase offensiva, ma dipende anche dal rivale se puoi utilizzare le sue qualità, rinunciando a quelle che non può darti. Può metterti un pallone perfetto, ma se la squadra deve pressare per lui è più difficile… in questo momento la Roma non può, non è capace”. Pietra tombale: “Se Totti lo capisce? Non lo so, io faccio il mio lavoro. Rispetto moltissimo la sua storia e la sua qualità, ma io ho bisogno di risultati”.

 

[**Video_box_2**]Altroché se capisce, lui, dal 2005-2009 ha avuto più di quattro anni per capire che con uno come Spalletti non c’era più trippa per Totti. E nel frattempo il Capitano s’è fatto grande, grandissimo, tanto da diventare vecchio per giocare ancora. Ma essendo sveglio, e ben consigliato, s’è apparecchiato un futuro sereno e un presente da uomo di spettacolo: è uscito di scena gradualmente, senza botti e rumori, cedendo lo scettro di una leadership immaginifica (non quella dello spogliatoio, mai appartenuta a lui fino in fondo) a colui che più gli somiglia e lo rispetta, cioè Daniele De Rossi, e salvando per sé l’allure del marchio indelebile che rappresenta. Totti le pubblicità cool, la beneficenza, i libri di barzellette, i sorrisi nei posti giusti e i figli con la donna perfetta. Che altro? Gesto perfetto, il farsi da parte al momento indicato, segno d’intelligenza rara. E il tramonto di Totti è un’opera d’arte incoronata da Cristiano Ronaldo in giù. E’ l’arte di autorottamarsi che rende sciroppose le rasoiate di Spalletti, come a dire: che me frega, io so’ Totti. Se Beppe Grillo serbasse la metà di questo senso scenico, avrebbe già da mo’ chiuso il suo circo a cinque stelle, invece di trapiantarlo in platea per i suoi spettacoli imbolsiti. E se anche Silvio Berlusconi avesse… no, meglio di no, il Cav. ci ha provato una volta e dalla sua tela è uscito Alfano.

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